Stefania Santoro[1]
Abstract
Siamo in quella che alcuni studiosi chiamano società post-narrativa in cui la narrazione come fattore fondante dell’esperienza umana cede lo spazio ad una sorta di storytelling narcisistico e autoreferenziale dove viene sempre meno l’esperienza comunitaria che il narrare presuppone. In questo contesto diventa urgente riscoprire spazi e strumenti in grado di ridestare quello che possiamo definire il proprium dell’umano: narrarsi. L’irc, data la sua natura dialogica e relazionale, si presenta come uno degli spazi privilegiati in cui questo può avvenire e l’utilizzo dell’albo illustrato, quella sorte di ponte che permette di tenere insieme parola e immagine, diventa un mezzo privilegiato per educare i bambini e le bambine alla scoperta di sé, degli altri, dell’Altro e al rispetto per il creato.
1. La sfida della narrazione
Parlare oggi di narrazione rappresenta, soprattutto in campo educativo, una grande sfida e un’esigenza imprescindibile in forza del paradosso che l’uomo post-moderno vive, ovvero la sua essenza narrante che deve fare fronte ad una società post-narrativa. L’uomo anche quando non ne è consapevole, è un essere narrativo che nella sua quotidianità narra continuamente sé stesso, gli altri e il mondo circostante di cui fa esperienza.[2] Egli fin da bambino e per tutta la sua esistenza è portato a dar vita a racconti e ad essere accompagnato da narrazioni, e non può quindi ignorare questa sua attitudine innata e questa sua spinta a narrare e a narrarsi;[3] di fatto, «il racconto comincia con la storia stessa dell’umanità. Non esiste, non è mai esistito in alcun luogo un popolo senza racconto. […] Di non-narrativo c’è solo la natura senza l’uomo, ma appena la natura viene “parlata”, allora abbiamo il racconto».[4]
Su questa linea di pensiero troviamo la riflessione dello psicologo e pedagogista Jerome Bruner,[5] per il quale la narrazione rappresenta un atto costitutivo per l’uomo; essa ha altresì delle caratteristiche ben definite che prima di tutto ci dicono della necessità di socialità, poiché essa stessa parla delle relazioni sociali tra i personaggi e i protagonisti del racconto, di come questi interagiscono tra di loro, di come attribuiscono senso al mondo circostante e a ciò che gli accade di significativo;[6] la narrazione, inoltre, trattando dello straordinario e dell’insolito[7] consente di dar voce a ciò che ancora non ha un nome, ciò che è nascosto nell’inconscio e così permette di aprire a nuovi possibili significati. Oltre a questo, Bruner ci parla di un carattere universale: grazie ad una linearità sequenziale, ogni racconto diventa un’esperienza straordinaria leggibile e interpretabile da chiunque.[8]
Per pensare l’uomo costruisce storie attraverso le quali riesce ad organizzare ciò che vive e così dare senso al suo stare nel mondo e alla sua identità;[9] se però narrazione e identità dell’uomo sono strettamente collegati – infatti tutte le volte egli narra di sé per farsi comprendere, per impressionare l’altro, per esprimere il proprio vissuto interiore e le proprie emozioni[10] – nello stesso tempo narrando se stesso, il mondo circostante e gli altri, l’uomo è chiamato a quello che potremmo definire un atto politico ed etico: la narrazione può aiutare ad aprire «la strada alla libertà individuale di interpretazione, al racconto di sé, al pensiero divergente contro ogni autorità e potere assolutista»,[11] permettendo quel decentramento tale da poter comprendere che nel mondo non esiste soltanto il proprio punto di vista.
Un’altra importante valenza pedagogica della narrazione risiede nell’iniziazione alle regole e ai doveri del mondo: l’uomo per essere in grado di muoversi e vivere, ha bisogno di conoscere le regole di base; in questo la narrazione può dare un suo contributo poiché essa stessa – per le caratteristiche sopra enunciate – permette all’uomo fin da piccolo di leggere e quindi gestire la quotidianità[12].
L’uomo però, e qui troviamo il paradosso, pur essendo un essere narrativo, vive in un’epoca definita «post-narrativa»[13] in cui non si narra più, dove l’atto di raccontarsi e ascoltarsi sembra essere passato in secondo piano,[14] dove le piazze e le vie della città vengono soppiantati da «nonluoghi di transito»[15] in cui tutto ciò che rimane è un mero scambio di informazioni repentine. In una società in cui tutto scorre in modo veloce, bisogna essere consapevoli che bambini e giovani di oggi vivono un mondo diverso rispetto le generazioni passate e anche per questo vanno accompagnati con amorevolezza ed empatia nel complesso lavoro di interpretazione delle narrazioni circostanti e, anche per questo, il pensiero narrativo diventa una pratica di cui prendersi cura[16] e a cui ritornare; ma da che parte iniziare?
Una possibile via percorribile è quella della narrazione in campo educativo – e qui facciamo riferimento in particolar modo alla scuola dove già molto viene fatto da insegnanti che credono nel valore performativo della parola e delle narrazioni.[17]
La narrazione, per i motivi sopra enunciati, introdotta in campo educativo e pedagogico può essere un’importante opportunità di cambiamento personale e sociale, infatti, chi si approccia ad un testo, nel bene e nel male, ne può uscire cambiato e diverso;[18] ma ancora di più: se usata con consapevolezza, la narrazione può essere uno strumento narrativo determinante per l’identità personale e per l’incontro con l’alterità,[19] questa intesa sia come l’Altro trascendete che gli altri; perciò, il legame tra narrazione e pedagogia non è indifferente e risiede proprio «nella pratica dell’insegnare e dell’educare che prima di ogni strumento o metodologia si situano nell’incontro, nella relazione. […] [Infatti] laddove v’è educazione, v’è esperienza d’incontro e di scambio, vi sono due narrazioni che si intrecciano e che danno origine a una nuova narrazione».[20]
2. L’albo illustrato
Particolare forma narrativa che tiene insieme testo e immagine e che si contraddistingue per chiarezza, per ritmo leggero e rapido senza mai essere superficiale,[21] è l’albo illustrato – o picture book. Ci pare illuminante la definizione che ne fa la studiosa Marcella Terrusi quando identifica il picture book in una sorta di «ponte sospeso fra immagine e parola […] un mezzo di trasporto»[22] che, per la sua stessa natura, permette a chi si approccia ad esso di avventurarsi alla scoperta di mondi nuovi fatti di parole, immagini, simboli e suoni.[23] In questa forte «interdipendenza»[24] vediamo quindi che parola e illustrazione non bastano mai da sole, necessitano sempre l’una dell’altra: «il testo scritto è sempre metà mela (l’altra metà sarà l’immagine) ed è pertanto sempre incompleto, rapido, leggero […] quasi sempre poetico»[25] e le immagini non sono mai univoche o standard ma molto diversificate da un albo all’altro passando «dalle figure stilizzate al più preciso realismo, dal linguaggio della pittura astratta o del collage alla combinazione di tecniche come il disegno, la fotografia».[26]
Il picture book proprio per la sua natura in grado di unire due sponde diverse – anche quella trascendente e quella immanente – può inoltre essere un valido e strumento pedagogico per l’Insegnante di Religione. Infatti, scegliere la narrazione, ovvero scegliere il picture book come strumento pedagogico-didattico vuol dire, per l’adulto – e in questo caso l’IdR – «scegliere di accompagnare i bambini nell’esplorazione della propria dimensione interiore e spirituale».[27] Di fatto, tutte le narrazioni dell’uomo, sacre o profane, sono nello stesso tempo una via che conduce a Dio, al Trascendente e una via di umanizzazione in quanto comunicano che è possibile un cambiamento, che bisogna avere fiducia nel futuro, che diventare persone migliori è davvero alla portata di tutti.[28] I racconti che troviamo nel picture book, come quelli sacri e di tradizione religiosa, di fatto sono veri perché sono performativi: operano ciò che annunciano e permettono un cambiamento promesso metaforicamente mediante le storie dei personaggi presenti al loro interno.[29]
Se, come si è tentato di dare ragione lungo questa riflessione, la narrazione rappresenta un mediatore didattico coinvolgente e fecondo, è possibile individuare percorsi didattici in grado di aprire a tematiche focus per dare forma ad una progettazione annuale anche in linea con i Traguardi per lo sviluppo delle competenze[30] e quindi attente alla normativa vigente in ambito scolastico. Tra le molteplici e diverse piste che si possono seguire, merita un approfondimento la tematica della cura di sé stessi declinata come crescita e apertura al Trascendente. Conoscersi vuol dire arrivare ad un «graduale processo di conoscenza di sé stessi»[31] e in questo caso gli albi illustrati letti in classe possono permettere di avvicinarsi a questo dato e arricchire «la meraviglia verso il mistero che ognuno di noi rappresenta, a sé stesso e chi lo circonda»,[32] per dare ai bambini il tempo di approfondire e indagare il proprio vissuto interiore, di cercare le domande che abitano i loro cuori per provare a darne delle risposte.
Proporremo di seguito due albi illustrati mostrando a modo esemplificativo le piste di riflessione che si possono aprire e a partire dalle quali sarà possibile costruire dei percorsi didattici da proporre in classe. Tra i tanti albi che possono essere usati a scuola per accompagnare il bambino nella ricerca di sé troviamo l’albo Dentro me cosa c’è?[33]
In questo libro è presente un gioco interessante tra illustrazioni e parole che permette al lettore di entrare nell’interiorità del narratore bambino in una sorta di «viaggio intorno al corpo di una creatura misteriosa e familiare al tempo stesso, turbolenta e prodigiosa […] proprio come ogni bambino»,[34] scoprendo che quella interiorità non è poi tanto diversa dalla propria. Interessante notare che il narratore si descrive quasi partendo dalle proprie rivoluzionarie emozioni facendo approdare il lettore ad una considerazione singolare: «sono questo, sono quello […] sono boh…sono un mostro punto e stop»;[35] in questo viaggio il bambino potrà fare esperienza della propria unicità portentosa, infatti conclude l’albo: «Mostro. Sostantivo maschile, singolare. Dal latino monstrum, creatura portentosa. Ogni bambino è un mostro. Anche tu».[36]
Un ulteriore albo illustrato interessante è Abar e Babir. Il viaggio dei desideri,[37] in quanto racconta di due pastori che lasciano stalla e pecore per andare alla ricerca del desiderio più profondo. Durante il cammino il lettore scopre, insieme ai pastori, che la strada per trovare la vera felicità è insidiosa e faticosa: nel cammino i due pastori trovano infatti desideri sempre nuovi e attraenti ma che si rivelano superficiali; questi sono «tutti desideri del fuori»[38] che non riescono a soddisfare i due pastori. In un continuo movimento dal “fuori al dentro” o, meglio, dalla superficialità all’autenticità, il lettore viene accompagnato alla scoperta della figura di Gesù: solo davanti alla semplicità di un bambino appena nato i due personaggi si sentono appagati nella loro ricerca di «quella felicità che, senza saperlo, avevano tanto desiderato».[39]
La tematica focus approfondita ora, insieme a molte altre come la vita e la morte, l’incontro con l’alterità, la cura del creato e l’incontro con l’Altro – solo per dirne alcune – sono tematiche che possono essere percorsi in grado di «appassionare allo stesso tempo bambini e adulti, credenti e non credenti con una fede strutturata e persone che si ritengono ancora in ricerca»;[40] l’esperienza fondante del cristianesimo è essenzialmente l’incontro con Dio che nella persona di Gesù si fa Parola,[41] assumendo su di sé e illuminando tutta l’esistenza dell’uomo con i suoi gesti, le sue parole, rivelando l’immagine di un Padre pieno di amore che parla all’uomo come si parla ad un amico.[42] In questo ordine di idee, l’IRC è chiamata, quindi, ad assumere questa missione di “ponte” tra Dio e, nel nostro caso, educando, per inserirlo all’interno di una relazione in grado di riempire di senso ogni ambito della propria vita.
[1] Docente di IRC. Scuola primaria I.C. Arturo Toscanini di Parma. Articolo elaborato a partire dalla tesi Magistrale discussa all’ISSRE di Modena.
[2] Cfr. D. Demetrio (a cura di), Educare è narrare. Le teorie, le pratiche, la cura, Mimesis Edizioni, Milano 2012,11-12.
[3] Cfr. ivi 47-48.
[4] A. Nanni, «La pedagogia narrativa: da dove viene e dove va», in R. Mantegazza (a cura di), Per una pedagogia narrativa. Riflessioni, tracce, progetti, Emi, 1996, 42.
[5] Cfr. J. Bruner, La mente a più dimensioni, Sagittari Laterza, 1988, 17.
[6] Cfr. R. Vittori, «Identità e narrazione» in Mantegazza (a cura di), Per una pedagogia narrativa, op.cit., 16.
[7] Cfr. J. Bruner, La ricerca del significato. Per una psicologia culturale, Bollati Boringhieri, Torino 1992, 58-59.
[8] Cfr. R. Vittori, «Identità e narrazione», op.cit.,16-17.
[9] Cfr. L. Manicardi, Raccontami una storia. Narrazione come luogo educativo, Edizioni messaggero Padova, Padova 2012, 65-68.
[10] Cfr., D. Demetrio, Educare è narrare, op. cit., 50.
[11] Ivi 25.
[12] Cfr. E. Biffi, «Narrazione e pratiche educative fra infanzia e adolescenza», in D. Demetrio, Educare è narrare, op.cit., 73-74.
[13] B.C Han, La crisi della narrazione. Informazione, politica e vita quotidiana, Einaudi, Torino 2024,5-6.
[14] Cfr., ivi 5-12.
[15] R. Morselli, «Quale narrazione al tramonto del millennio? Riflessioni su alcuni elementi di scenario entro i quali collocare la proposta di una pedagogia della narrazione», in R. Mantegazza (a cura di), Per una pedagogia narrativa. Riflessioni, tracce, progetti, EMI, 1996, 33.
[16] Cfr. D. Demetrio, Educare è narrare, op. cit., 95.
[17] Un esempio concreto che troviamo in alcune scuole di Parma è il progetto di Lettori e Lettrici forti che nasce nel più ampio progetto di lettura ad alta voce voluto e promosso da Federico Batini e Martina Evangelista. Cfr., F. Batini, Leggimi ancora. Lettura ad alta voce e Life Skill, Giunti Scuola, Firenze 2018, 122.
[18] Cfr. D. Demetrio, Educare è narrare, op.cit., 51.
[19] Cfr. ivi 87.
[20] E. Biffi, «Narrazione e pratiche educative», op.cit., 73.
[21] Cfr. R.V. Merletti, L. Paladin, Libro fammi grande. Leggere nell’infanzia, Idest, Campi Bisenzio 2012, 91.
[22] M. Terrusi, Albi illustrati. Leggere, guardare, nominare il mondo nei libri per l’infanzia, Carocci Editore, Roma 2012, 103-104.
[23] Cfr., ivi 103-104.
[24] Ivi, 94.
[25] Ivi,104.
[26] Ivi,105.
[27] S. Vecchini, Una frescura al centro del petto. L’albo illustrato nella crescita e nella vita dei bambini, Topipittori, Milano 2019, 44-45.
[28] Cfr. M. Diana, Narrare. Perché e come raccontare le storie ai bambini, Elledici, Torino 2011, 7.
[29] Cfr. ivi 13.
[30] Cfr. S. Cicatelli, Guida all’insegnamento della religione cattolica. Secondo le nuove indicazioni, Editrice La Scuola, Milano 2015.
[31] S. Vecchini, Una frescura al centro del petto, op.cit., 175.
[32] Ivi, 175.
[33] D. Carucci, G. Pastorino, Dentro me cosa c’è? Terre di Mezzo, Milano 2022.
[34] Ivi.
[35] Ivi.
[36] Ivi.
[37] C. Lossani, B. Landmann, Abar e Babir. Il viaggio dei desideri, Edizioni ARKA, Milano 2019.
[38] Ivi.
[39] Ivi.
[40] S. Vecchini, Una frescura al centro del petto. op.cit., 260.
[41] Cfr. Papa Benedetto XVI, Deus caritas est, Roma 2005, 1, https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/encyclicals/documents/hf_ben-xvi_enc_20051225_deus-caritas-est.html, 15/02/2025.
[42] Cfr., Costituzione dogmatica sulla divina rivelazione Dei Verbum, 1965, 2, https://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_const_19651118_dei-verbum_it.html, 15/02/2025.
