Al momento stai visualizzando La creazione tra scienza e fede in “Dal Big Bang ai buchi neri” di Stephen Hawking

Vincent TOGO[1]

Abstract

L’articolo esplora il dialogo tra scienza e fede sul tema della creazione attraverso l’analisi dell’opera di Stephen Hawking Dal big bang ai buchi neri. Dopo una breve biografia dell’autore e una presentazione del suo contributo scientifico, viene presentata la creazione dell’universo con la lente della fede e della scienza. Vengono descritte in particolare la teoria del Big Bang e l’evoluzione del pensiero di Hawking riguardo alla creazione, dalla sua iniziale adesione alla teoria del Big Bang alla successiva posizione su un universo non creato e infinito. L’articolo si conclude con una sintesi delle diverse posizioni sulla creazione dell’universo, in particolare sul ruolo di un Dio creatore, suggerendo che scienza e fede, sebbene spesso percepite in conflitto, possono offrire prospettive complementari su alcune delle domande profonde come quella delle origini del mondo.

Introduzione

Con il suo libro Dal big bang ai buchi neri, Stephen Hawking, astrofisico e cosmologo, affronta la questione dell’origine dell’universo. Il suo lavoro intreccia considerazioni scientifiche e religiose, inserendosi così nel dibattito plurisecolare tra scienza e fede.
Nella prima parte dell’articolo si presenta una breve biografia di Hawking, mettendo in luce il suo contributo all’astrofisica e alla cosmologia, e si descrive il suo libro, che offre una visione divulgativa sull’origine dell’universo.
Nella seconda parte si esamina la questione della creazione dell’universo, partendo dallo sviluppo storico fino alla teoria del big bang che sostiene che l’universo abbia avuto origine da una singolarità calda e densa, che esplose circa 15 miliardi di anni fa, dando inizio all’espansione dell’universo.
Si analizzano, nella terza parte, i punti di vista di Hawking sulla creazione e sul ruolo di Dio. Inizialmente sostenitore della teoria del big bang, Hawking propone poi un universo non creato, infinito e senza confini, decostruendo l’idea tradizionale di creazione. Vengono esposte anche le opinioni di alcuni scienziati come Albert Einstein e Georges Lemaître, e viene fatta una sintesi dei vari approcci sulla creazione dell’universo.

 1. L’autore e la sua opera

La vita di Stephen William Hawking (1942 -2018) è stata segnata da una malattia degenerativa: «Mi era stato diagnosticato il morbo di Lou Gehrig, una malattia dei motoneuroni, e mi si era lasciato intendere che mi restavano solo uno o due anni di vita».[2] Nonostante la progressione della malattia, Hawking ha dato un contributo notevole alla scienza. Ha elaborato una teoria secondo la quale i buchi neri possono emettere radiazioni e quindi evaporare, comportando implicazioni profonde per la fisica delle particelle e la teoria quantistica dei campi. Hawking ha lavorato a lungo per cercare di combinare la teoria della relatività generale di Einstein con la meccanica quantistica, una delle sfide più significative nella fisica teorica. Per quanto riguarda l’origine dell’universo, Hawking ha sostenuto in un primo tempo l’ipotesi del big bang e in un secondo momento il concetto di un universo auto-generato, atemporale e senza confini.
Hawking ha avuto un ruolo di rilievo anche nell’ambito della divulgazione scientifica attraverso pubblicazioni come il best-seller Dal big bang ai buchi neri, opera con la quale Hawking vuole «viaggiare nel tempo» e offrire un quadro generale della nostra immagine dell’universo. Un’attenzione particolare viene data alla definizione e alle implicanze cosmologiche della teoria del big bang. Secondo questa teoria, l’universo è stato originato dall’esplosione di uno stato «singolare» estremamente caldo e denso circa 15 miliardi di anni fa e che, da allora, si è espanso continuamente. Anche ai buchi neri, formazioni cosmologiche che nascono dal collasso di stelle massive, viene dato ampio spazio nel libro. La conoscenza approfondita di questi due fenomeni può facilitare la comprensione complessiva della formazione dell’universo. Hawking si sofferma sul probabile ruolo di Dio o di un Essere supremo nella creazione dell’universo.

 2.La questione degli inizi e della creazione dell’universo: Sviluppo storico

Il concetto di creazione dell’universo si trova in molte culture e tradizioni religiose. Le cosmogonie antiche e le religioni abramitiche (ebraismo, cristianesimo e islam) condividono l’idea che l’universo abbia avuto un inizio in un passato non troppo remoto, con il ruolo primordiale di un Creatore. Nella mitologia greca, il mondo fu creato da divinità come Urano e Gea; in quella egizia, il dio Ra era il creatore dell’universo e dell’umanità, e in quella babilonese, il poema Enuma Elish narra la creazione attraverso conflitti divini. Miti simili si trovano tra i Dogon del Mali, dove il dio Amma è il creatore del mondo.
Nella Grecia antica, Anassimandro, ad esempio, riteneva che ci fosse un principio eterno, l’Arche, da cui tutto avrebbe avuto origine mentre Aristotele e la maggior dei filosofi non amavano l’idea di una creazione, poiché in essa vi era il sapore di un intervento divino e credevano, perciò, che il genere umano e il mondo esistessero da sempre, e che avrebbero continuato a esistere.
Nella visione di filosofi come Immanuel Kant, la creazione può essere vista come un atto divino con la conseguente deduzione che l’universo abbia avuto un inizio nel tempo, con la possibilità di un’antitesi che sosterebbe l’esistenza perpetua dell’universo. In ambedue i casi, la comprensione della questione delle origini del mondo è fuori dalla portata del ragionamento umano.
Nell’era moderna si ha avuto una notevole evoluzione nella comprensione dell’origine dell’universo, in particolare attraverso la teoria del big bang.

3 La creazione nei contesti della fede e della scienza     

L’approccio alla questione delle origini e la sua comprensione variano notevolmente dal punto di vista della fede e della scienza: «La procedura dello scienziato e quella del teologo si distinguono per il loro obiettivo, per il linguaggio ed i modi di rappresentazione […]. Se è essenziale sottolineare che la conoscenza acquisita con la fede e quella acquisita con la scienza sono differenti, sono però evidenti, nell’attuale cultura tecnico-scientifica – che presenta ricchezze, aperture, domande ma anche ambiguità – anche numerose interferenze tra i due campi».[3]

3.1 Fede e creazione: l’opera di un Creatore

«La nozione di “creazione” appartiene in prima istanza al linguaggio della Rivelazione biblica. La sua originalità nel contesto della religione, della filosofia e delle scienze, viene colta esplicitandone la specificazione ex nihilo, creazione dal nulla».[4]
Nell’ambito religioso, l’opera di creazione avviene spesso attraverso un atto straordinario oppure per mezzo della sola parola del Dio creatore: «In un gran numero di tradizioni religiose, la parola sacra, la parola detta da Dio, appare nel primo momento della creazione».[5] Così, nella Bibbia, quando si dice «Dio creò», non viene esplicitato in che modo e come avviene l’atto di creazione: è un atto straordinario puramente divino e fuori dalla comprensione umana. L’uso della parola come «vettore di creazione» si evince nel proseguo dell’atto divino di creazione: «Dio disse: “Sia la luce!”. E la luce fu» (Gn 1, 3). D’altronde, il Prologo del vangelo di Giovanni si apre con il riferimento alla parola creatrice: «In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste» (Gv 1, 1-3).
Una delle implicanze fondamentali della creazione dal nulla è la nozione di tempo che «nasce» con la creazione stessa. Sant’Agostino introduce una visione lineare del tempo, secondo la quale vi è un inizio e una fine con il Giudizio universale. Egli individuò anche una «data di nascita» dell’universo: «Agostino sottolineò che la civiltà progredisce e che noi ricordiamo chi fece una certa cosa o sviluppò una certa tecnica. Perciò l’uomo – e quindi forse anche l’universo – non poteva esistere da un tempo molto lungo. Sant’Agostino accettò come data per la creazione dell’universo il 5000 a.C. circa, secondo calcoli fondati sul libro della Genesi».[6]

3.2 Scienza e creazione: singolarità primordiale e big bang

Il termine “creazione”, sebbene originariamente religioso, è oggi utilizzato anche nella letteratura scientifica, soprattutto nella cosmologia e si riferisce a un evento cosmico straordinario che ha dato inizio all’espansione dell’universo e conosciuto come “big bang”. La creazione dell’universo essendo un evento irripetibile e non osservabile direttamente mette in evidenza che la capacità degli scienziati di analizzarla è limitata. La scienza può tuttavia misurare alcuni effetti riconducibili all’origine del mondo; dall’adeguata interpretazione di queste osservazioni, si può estrapolare e costruire un accurato quadro delle origini.
Georges Lemaître, cosmologo e sacerdote belga, fu uno dei primi a proporre una formulazione fisica dell’universo dinamico; egli introdusse l’ipotesi dell’atomo primitivo, una singolarità dalla quale l’universo sarebbe stato generato attraverso una catastrofica esplosione di energia. Questa ipotesi trovò conferma con la scoperta della radiazione cosmica di microonde e del fenomeno della recessione delle galassie dalla cui velocità si può stimare che il big bang sia avvenuto circa 15 miliardi di anni fa. Il termine “big bang”, coniato ironicamente da Fred Hoyle nel 1949, designa l’evento iniziale suggerito da Lemaître.
Dalla Fig. 1, illustrazione artistica della storia dell’universo, si osserva che, andando indietro nello spazio e nel tempo, si incontrano una successione di fasi o di stadi sempre più caldi e più densi. Il limite teorico di questi stadi che può essere calcolato facendo ricorso a modelli specifici di universo rappresenta il big bang, uno dei modelli scientifici più accettati per spiegare l’origine dell’universo.

  4. Stephen Hawking e la questione dell’origine dell’universo e del ruolo di Dio nella creazione

Uno dei lavori più noti di Hawking sulla comprensione delle origini dell’universo è quello sviluppato insieme a Roger Penrose, in cui hanno dimostrato l’inevitabilità di una singolarità iniziale nei modelli fisico-matematici della cosmologia. Pubblicato nel 1970[7], ha fornito evidenze a supporto della teoria del big bang ed ebbe un ampio successo. Hawking ha poi cercato di superare questi concetti, considerandoli troppo vicini all’accettazione di una mansione di Dio come creatore: «È forse un’ironia che, avendo cambiato parere, io cerchi ora di convincere altri fisici che in realtà non ci fu alcuna singolarità all’inizio dell’universo: come vedremo tale singolarità potrà sparire qualora si tenga conto di effetti quantistici».[8] Egli ha quindi proposto l’idea che una teoria più completa, capace di unificare la relatività generale e la meccanica quantistica, possa fornire una spiegazione più adeguata delle condizioni iniziali dell’universo.
Nel libro Dal big bang ai buchi neri, Hawking fa frequenti riferimenti a Dio, non per discutere della sua esistenza, ma per esaminare le implicazioni del concetto di un creatore. Un aneddoto riportato nel libro racconta di un incontro tra Hawking e Papa Giovanni Paolo II durante un convegno sulla cosmologia organizzato dai gesuiti nel 1981. Il Papa aveva espresso che lo studio dell’universo dopo il big bang era lecito, ma che indagare l’istante stesso del big bang, considerato il momento della Creazione, era oltre i limiti che la scienza dovrebbe esplorare. Hawking si sentì un po’ come Galileo: «Fui lieto che il papa non sapesse quale argomento avessi trattato poco prima nella mia conferenza al convegno: la possibilità che lo spazio-tempo fosse finito ma illimitato, ossia che non avesse alcun inizio, che non ci fosse alcun momento della Creazione. Io non provavo certamente il desiderio di condividere la sorte di Galileo, pur essendo legato a lui da un forte senso di identità, dovuto in parte alla coincidenza di essere nato esattamente 300 anni dopo la sua morte!».[9]

Il punto di vista di alcuni scienziati riguardo alla creazione e il ruolo di Dio

 Albert Einstein ha dato un contributo fondamentale alla comprensione della struttura dello spazio-tempo attraverso la teoria della relatività generale, ma non ha affrontato direttamente l’origine dell’universo. Egli era scettico riguardo all’idea di una singolarità iniziale poiché implicava un momento di creazione. Rifiutava tuttavia l’idea che l’universo fosse governato dal caso, riassumendo il suo pensiero nella celebre frase: “Dio non gioca a dadi”.
Georges Lemaître, sacerdote e cosmologo, è noto per aver proposto il modello da cui è derivato la nozione di big bang. Nonostante alcuni colleghi ritenessero che la sua fede religiosa influenzasse le sue teorie scientifiche, Lemaître ha sempre mantenuto una chiara distinzione tra la sua fede e il suo lavoro scientifico. Egli ha criticato il “concordismo”, ovvero l’interpretazione della Bibbia in modo da armonizzarla con la scienza contemporanea, sottolineando che la teoria del big bang è una teoria fisica indipendente da questioni metafisiche o religiose.
Antonino Zichichi, fisico e uomo di fede, sostiene che scienza e fede non sono in contraddizione, ma entrambi sono doni di Dio. Egli afferma che non esiste alcun teorema scientifico che possa negare la fede come dono divino, e sostiene che la scienza non porta alla negazione di Dio o del suo ruolo nella creazione dell’universo.

Big bang e creazione a confronto: una sintesi

Uno dei nodi cruciali nel confronto tra fede e scienza risiede nel linguaggio. Il big bang e la narrativa della creazione affrontano la questione delle origini dell’universo con prospettive diverse e “creazione” non comporta lo stesso significato per i due ambiti. Alcuni vedono la teoria del big bang e la narrativa della creazione come conciliabili, considerando il big bang come il meccanismo attraverso il quale un essere supremo ha dato inizio all’universo e quindi una conferma decisiva dell’idea di creazione. Tuttavia, altri preferiscono mantenere separati gli approcci scientifici e religiosi per non cadere nel «concordismo». A tale proposito, Hawking dichiara: «Un universo in espansione non preclude un creatore, ma pone dei limiti circa il tempo in cui egli potrebbe aver compiuto questo lavoro!».[10]
L’idea che il tempo abbia avuto un inizio non è condivisa da tutti, probabilmente perché questa nozione fa pensare a un intervento divino, come lo dichiarò papa Pio XII nel 1951. Tuttavia, nemmeno la teoria quantistica della gravità che prospetta un universo infinito, auto-generato e senza confini, può escludere un intervento divino: «Ancora una volta debbo ribadire che non esiste alcuna scoperta scientifica che possa condurre a concludere che Dio non esiste».[11]
Ai giorni nostri, malgrado i successi della scienza, ad andare a ritroso per scoprire gli istanti iniziali dell’universo, facendo una sorta di «archeologia cosmica», si ci imbatte in una zona di «sfocatura quantistica» le cui caratteristiche sfuggono totalmente agli scienziati e non permettono quindi di affermare con certezza che il big bang sia l’origine dell’universo. La situazione di incertezza sulla singolarità primordiale e la prospettiva di una nuova teoria che possa dare risposta agli interrogativi sull’inizio dell’universo hanno portato Hawking a interrogarsi: «La teoria unificata è così cogente da determinare la sua propria esistenza? Oppure ha bisogno di un creatore e, in tal caso, questi ha un qualche altro effetto sull’universo? E chi ha creato il creatore?».[12]

Conclusione

Nel suo libro Dal big bang ai buchi neri, Hawking cerca di offrire una breve storia dell’universo e tenta di rispondere a questioni fondamentali come la natura dell’universo e la causa primaria della sua origine. Le sue risposte sono cariche di implicanze scientifiche e teologiche: aprono alla comprensione di una «singolarità primordiale» la cui straordinaria esplosione – il big bang – avrebbe dato origine all’universo, circa 15 miliardi di anni fa, e si focalizzano su un ipotetico ruolo di Dio come creatore.
Nell’interpretazione degli avvenimenti primordiali della vita dell’universo, la scienza concettualizza un inizio, la fede crede in una creazione, ma hanno comunque alcuni aspetti comuni:

  • Straordinarietà dell’evento: Dio crea con un intervento straordinario e il big bang scaturisce da un evento cosmico straordinario.
  • La nozione di tempo e di eternità: la dimensione temporale nasce con l’universo ma la nozione di eternità di Dio non ha nulla a che vedere con l’eternità dell’universo ipotizzata da Hawking e che sarebbe soltanto un perdurare indefinito di ciò che è temporale.
  • Impossibilità di conoscere con esattezza le condizioni delle nostre origini perché l’infinito non si può trattare né con un atto di fede, né con dei modelli scientifici.

Per l’uomo di fede, non esiste alcuna incompatibilità tra un universo perpetuo e il fatto che esso sia creato da Dio; pensava così anche san Tommaso d’Aquino.[13] La creazione non è una causalità temporale ma una situazione di relazione ontologica permanente con il Creatore: «La creazione non riguarda come siano iniziate le cose, ma che cosa sta succedendo. Dio è il Creatore tanto oggi quanto lo era quindici miliardi di anni fa. Egli sostiene l’universo nell’essere».[14]
In termini rigorosi non è dimostrabile, né scientificamente né teologicamente, che l’universo abbia un inizio oppure che sia eterno. L’attuale visione cosmologica della teoria del big bang favorisce certamente l’idea di un inizio assoluto, ma non lo dimostra in maniera incontrovertibile. Nella comprensione della creazione dell’universo, le riflessioni della fede e della scienza s’intrecciano: «La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verità».[15]
L’universo, che sia stato opera di una creazione per mano di un Creatore oppure che abbia avuto origine da una singolarità primordiale e di un successivo big bang, continua a essere, per la fede e la scienza, fonte di un meravigliarsi quotidiano carico di speranza per alcuni e di desiderio d’infinito per altri.

Fig. 1: Illustrazione artistica della storia dell’universo                                                      Fonte: CERN


[1] Dottore di ricerca in fisica nucleare e subnucleare all’Università di Bologna. Dipendente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Sezione di Bologna. Coautore di libri di favole multietniche e di “Africa occidentale. Ritratto di un’Africa che cambia”, Pàtron, Bologna (2013). Coinvolto in esperimenti scientifici internazionali al Gran Sasso, Fermilab (USA) e CERN. Diacono permanente dal 2022. Iscritto alla Magistrale della FTER.

[2] S. W. Hawking, Dal big bang ai buchi neri, BUR Rizzoli, Milano 2020, 69.

[3] G. Tanzella-Niti, A. Strumia (a cura di), Dizionario interdisciplinare di scienza e fede, Urbaniana University Press e Città Nuova Editrice, Roma 2002, vol1, 267.

[4] G. Tanzella-Niti, A. Strumia (a cura di), Dizionario interdisciplinare di scienza e fede, vol1, 301.

[5] M. Eliade, I. P. Couliano (a cura di), Dizionario dei simboli, Jaca Book, Milano 2017, 100.

[6] S. W. Hawking, Dal big bang ai buchi neri, 18.

[7] S. W. Hawking, R. Penrose, The singularities of gravitational collapse and cosmology, Proc. Roy. Soc. Lond. A. 314, 529-548 (1970).

[8] S. W. Hawking, Dal big bang ai buchi neri, 70.

[9] S. W. Hawking, Dal big bang ai buchi neri, 141.

[10] S. W. Hawking, Dal big bang ai buchi neri, 21.

[11] A. Zichichi, Perché io credo in Colui che ha fatto il mondo. Tra fede e scienza, Il Saggiatore, Ed. Mondolibri, Milano 1999, 151.

[12] S. W. Hawking, Dal big bang ai buchi neri, 204.

[13] G. Tanzella-Niti, A. Strumia (a cura di), Dizionario interdisciplinare di scienza e fede, vol2, 1369.

[14] J. C. Polkinghorne, Quark, caos e cristianesimo.  Domande a scienza e fede, Claudiana Editrice, Torino 1997, 24.

[15] Giovanni Paolo II, Fides et Ratio, I rapporti tra fede e ragione, Piemme, Casale Monferrato (AL), 1998, 47.