Laura Ricci[1]
Luca Vitali[2]
Abstract
Il Sinodo sulla sinodalità ha avviato dinamiche che possono essere preziose anche per ripensare l’educazione religiosa, in un’epoca di trasformazioni rapide e profonde.
Il “magistero della panchina, della strada, dei pellegrini e del cuore”, intesi come simboli di un cammino condiviso e di un incontro autentico, offrono delle piste da seguire per avvicinarsi ai bambini, ai ragazzi e ai giovani con uno stile che non si limiti a trasmettere dottrine e norme difficilmente comprensibili, ma che punti piuttosto a presentare loro un Volto, quello del Dio di Gesù Cristo, come punto di riferimento.
Questo approccio, infatti, può aiutare a superare la distanza tra la tradizione della Chiesa e le sfide poste dalle nuove generazioni e può far vivere con maggiore consapevolezza il processo di riforma che è sempre in corso, mai definitivamente concluso.
Introduzione
L’insegnamento della religione è in questi ultimi anni alle prese con un processo di trasformazione piuttosto “accelerato”: la scuola cambia, i giovani cambiano, la cultura è in profonda trasformazione, e anche la modalità di vivere la fede, pur all’interno di una sua Tradizione, è chiamata ad aprirsi «a una permanente riforma di sé per fedeltà a Gesù Cristo»[3]. Dunque, per essere autenticamente fedeli a Dio e alle prospettive del suo Regno occorre saper continuamente convertirsi e riformarsi, perché educare alla fede significa fare segno a un volto, più che trasmettere delle regole o delle norme.
A partire dai risultati del Sinodo appena concluso, questo articolo – scritto dagli Autori di un breve saggio sullo stile e i metodi sinodali[4] – offre quattro immagini che possono aiutare i docenti di religione a fare segno al Volto di Dio e ad essere, nelle Chiese locali, un’antenna recettiva delle provocazioni che bambini, ragazzi e giovani lanciano al processo di rinnovamento e riforma ecclesiale: perché, come ha ribadito Papa Francesco nella Christus vivit, è attraverso di loro che il futuro entra nel mondo e nella Chiesa.[5]
1. Una panchina
La prima immagine che porgiamo al lettore è quella di una panchina.
Nell’ultimo romanzo di Enrico Galliano,[6] il protagonista Teo è un sedicenne alle prese con le fatiche di una scuola che non lo capisce e non riesce a contenere la sua ricerca di vita. Dentro, infatti, gli bolle una strana “cosa” che lui stesso non riconosce, non sa gestire, non sa da dove venga e dove lo porti. Sa solo che si materializza soprattutto quando, nel suo caos, non si sente compreso dagli amici e dai grandi ed è qui, in questa solitudine, che la “cosa” gli fa fare “cose” strane.
Dopo l’ennesimo atto di violenza si trova a dover scontare una pena alternativa in un parco ove ogni pomeriggio, ad una panchina, si siede un anziano professore. Ed è a questa panchina di incontri che Teo sente il desiderio tornare quando quella “cosa” che si chiama vita gli busserà dentro, nei fatti storti di casa, nello sguardo nuovo di una lei che ha sperato per anni, nelle amicizie mai all’altezza delle attese.
Teo cerca il professor Bove perché questo adulto non offre risposte precostituite, ma da quella panchina parte per un cammino di condivisione che apre orizzonti nuovi, fa segno al senso di una vita che pian piano si schiarisce all’orizzonte. Insieme, cioè, fanno sinodo e al termine del cammino entrambi si ritrovano più ricchi di prima.
Ci sono panchine alle quali ogni docente di religione è invitato oggi a sostare. Si tratta di uno spazio di attesa, apparentemente inutile ma che può diventare un grembo di accoglienza dei Teo di oggi.
2. Una strada
Dal 2 al 27 ottobre 2024 si è tenuto in Vaticano la seconda sessione dell’Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi dal titolo: Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione che ha messo a tema, dopo un lungo e articolato processo, la modalità con la quale la Chiesa oggi fa strada con i vari “Teo” e “Tea” che incontra. Non è stato un percorso facile, anzi è durato il doppio del previsto, perché non ha voluto limitarsi a tracciare linee di sinodalità, ma le ha vissute e offerte in una sorta di “magistero dei percorsi” che ha rivoluzionato le modalità processuali del sinodo stesso.
Prima dell’esortazione apostolica Episcopalis communio[7] del settembre 2018, infatti, i sinodi venivano convocati dal Pontefice e alcuni tra i vescovi si riunivano, offrivano il loro lavoro al Papa che poi, a partire da quanto era risuonato nella plenaria e dai suoi propri punti di vista, scriveva un documento da lui firmato (chiamato esortazione apostolica post sinodale) che, in nome della autorità papale, diveniva magistero, cioè legge, per la Chiesa tutta.
Il processo di questo sinodo ha invece mosso le realtà intermedie, (diocesane, nazionali e sovranazionali), all’ascolto della base, e i risultati delle sintesi continentali sono giunti nell’aula sinodale che per la prima volta era composta da uomini e donne, laici, presbiteri e vescovi, tutti con diritto di voto. I lavori hanno prodotto un documento scritto ed emendato già durante il percorso sinodale – e non dopo, come era prassi – il quale è stato consegnato al Papa, che lo ha recepito e lo ha reso magistero ordinario senza bisogno di dover riscrivere un’esortazione apostolica propria.
In altre parole, il Papa non ha solo ascoltato alcuni vescovi rappresentanti di vari luoghi e realtà, e poi ha scritto un suo documento con indicazioni chiare e definite, ma ha accolto il processo – di cui egli stesso è stato parte – e lo ha reso orientamento autorevole perché le realtà intermedie (conferenze episcopali continentali, nazionali e diocesi) possano avere strumenti orientativi applicabili in modo differente nei differenti contesti socioculturali.[8] Cioè non c’è una legge uguale per tutti, ma orientamenti da inculturare in forme e modalità proprie a seconda dei cammini e dei contesti: una sorta di pedagogia personalizzata. Come si può comprendere, a divenire magistero non sono state delle verità, o dei concetti sulla dottrina o sulla morale, ma la strada percorsa dal professor Bove insieme a Teo.
È sulla strada che agisce lo Spirito, è il percorso che diventa “magistero”, e non le singole conclusioni definitorie spesso incapaci di contenere la complessità di realtà socioculturali diversissime e di storie sempre più variegate e complesse come quelle di ciascuno.
Fare strada con gli alunni, allora, significa immaginare “lezioni sulla strada”, con le quali mettersi con loro in cammino e lasciarsi provocare dalle loro domande, da quella strana “cosa” che li abita perché il Dio di Gesù Cristo sia riconoscibile non dalle risposte date, ma dalla modalità con la quale ci si fa compagni di viaggio: «io – ricorda Gesù – sono la via, la verità e la vita» (Gv 14,6).
3. Il poliedro
La terza immagine che condividiamo con il lettore è quella del poliedro.
Papa Francesco nel recente sinodo ha cercato di mettere ordine ai processi e ha chiarito i tempi, definito i ruoli e i confini perché ciascuno sapesse quale fosse il suo perimetro d’azione. È un segno di grande attenzione e cura che consente a ciascuno di collocarsi ed esprimere la propria “carica creativa” nel modo migliore possibile.
Poi però – ecco il poliedro – non ha riscritto i risultati della discussione per offrire una forma univoca, un testo “tranquillo”, privo di tensioni e domande, ma ha reso magistero una realtà poliedrica nella quale a suo parere si «riflette la confluenza di tutte le parzialità che in esso mantengono la loro originalità» (EG 236).In nome della chiarezza espositiva e dottrinale non ha nascosto le differenze culturali, religiose e di vedute che un’assemblea così variopinta e complessa apportava. Ha tra l’altro voluto rendere pubblici i voti raccolti da ogni paragrafo emendato, perché fossero valorizzati i punti di vista di ciascuno. In altre parole, non ha voluto semplificare o ingabbiare in poche “regole” la straordinaria ricchezza delle differenze, perché è consapevole che Dio è sempre Altro, Eccedente, Oltre. Anzi ha invitato ogni credente e comunità a crescere nella malleabilità e a rinunciare a quella rigidità che impedisce allo Spirito di agire.
4. Il cuore
La quarta e ultima immagine è quella del cuore:[9] per fare segno a quel Volto anche i docenti di religione, come le varie realtà ecclesiali e sociali, sono chiamati a guardare i propri alunni con gli occhi del cuore. Possiamo esplorare questo sguardo seguendo questo acronimo:
C – Consapevolezza e senso di comunità
L’essere compassionevoli richiede una mente consapevole,[10] capace di osservare i propri pensieri e le emozioni altrui senza farsi sopraffare. Un buon insegnante di religione sa che l’insegnamento della religione non riguarda solo la trasmissione di conoscenze, ma anche la costruzione di una comunità. Incoraggia il lavoro di gruppo, il dialogo tra gli studenti e la cooperazione, aiutando a creare legami di solidarietà e di crescita reciproca. Questo vale non solo a livello di contenuti, ma anche in termini di educazione alla convivenza civile e alla cura dell’altro.
U – Unità e gestione del gruppo classe
Saper gestire il gruppo classe[11] in modo equo e inclusivo è una capacità chiave. L’insegnante di religione deve promuovere un ambiente dove ogni studente si senta rispettato, valorizzato e parte di una comunità, evitando qualsiasi forma di esclusione o discriminazione. È importante che tutti gli studenti, a prescindere dalle loro convinzioni e orientamenti sessuali, si sentano liberi di esprimersi.
O – Oltre il giudizio e con coerenza
Un insegnante di religione è chiamato ad essere autentico e coerente con i propri valori, senza però farli diventare un elemento di giudizio sugli studenti. La coerenza tra ciò che si insegna e ciò che si vive è importante per guadagnare il rispetto degli allievi e per mostrare loro l’esempio pratico della propria fede. Liberarsi dal giudizio[12] aiuta ad instaurare una relazione autentica e a sostenere tutti gli alunni senza pregiudizi.
R – Rispetto reciproco e capacità di gestire le emozioni
La religione è un tema che può suscitare opinioni e sensibilità diverse. Un’insegnante di religione deve saper comunicare in modo chiaro e rispettoso, senza mai imporre il proprio punto di vista, ma favorendo il dialogo aperto e il rispetto per le diverse credenze e valori. Essere in grado di gestire con delicatezza le divergenze e di stimolare riflessioni, senza forzare verso un’unica visione, è fondamentale.
L’insegnante di religione affronta spesso temi delicati e potenti, come la morte e la sofferenza,[13] l’amore e la giustizia attraverso le Scritture. Saper gestire le proprie emozioni e quelle degli studenti in relazione a questi temi è una competenza fondamentale.
La religione può essere un terreno di forte impatto emotivo, quindi l’insegnante deve saper guidare gli studenti in maniera sensibile e adeguata.
E – Empatia, motivazione e ispirazione
L’insegnante di religione deve essere in grado di mettersi nei panni degli studenti, comprendendo le loro emozioni, difficoltà e punti di vista. L’ascolto attivo ed empatico permette di cogliere non solo le parole, ma anche i segnali non verbali, creando un ambiente in cui gli studenti si sentano accolti e compresi.
L’insegnante di religione dovrebbe saper suscitare interesse e curiosità, stimolando riflessioni profonde che vadano oltre i contenuti teorici. Motivare gli studenti a esplorare temi legati alla spiritualità, ai valori umani e alla propria identità, anche in relazione agli altri,[14] è una competenza cruciale.
La capacità di ispirare e di stimolare il pensiero critico e la ricerca personale è uno degli obiettivi principali dell’insegnamento religioso.
Conclusione
Al termine di questo breve viaggio, accompagnati da Teo, dal professor Bove e da Papa Francesco, possiamo considerare la panchina come uno spazio educativo autentico, un punto di partenza per un cammino verso un Dio che accoglie la complessità della vita di ogni persona e ama ciascuno con un cuore sincero. Insieme, ci si apre all’azione dello Spirito, che, in modi imprevedibili e variopinti, sa tracciare sentieri di incontro con quelli che, sin dai primi tempi del cristianesimo, erano visti non come “già arrivati”, ma come “quelli della via” (At 19, 9.23; 22, 4; 24, 14.22), eterni pellegrini in cammino verso un Padre che non smette mai di cercare i suoi figli amati.
In questo contesto, ogni insegnante potrebbe diventare non solo un “segnante” del Volto di Dio, ma anche una vera e propria “antenna” della comunità credente, capace di recepire e trasmettere le inquietudini e le attese dei giovani, all’interno di luoghi che diventino sempre più panchine, strade, poliedri e cuori, pronti a rivelare il Volto di un Dio che è Padre.
E allora, questi “segnanti”, sostenuti da cammini formativi adeguati e da momenti di supervisione[15], potrebbero essere davvero protagonisti di questo percorso di rinnovamento.
[1] Docente di Psicologia all’ISSR «Ss.Vitale e Agricola» di Bologna, Psicologa, Death Educator, Supervisore e Presidente dell’Associazione Doceat.
[2] Teologo, scrittore, esperto nella conduzione di processi pastorali in stile sinodale.
[3] Francesco, Esort. Ap. Evangelii Gaudium (24 novembre 2013), 25.
[4] L. Ricci – L. Vitali, Prendersi cura del cammino sinodale: accompagnare gruppi e comunità nello stile di papa Francesco, EDB, Bologna 2023.
[5] «Per favore, – scrive il Papa – non lasciate che altri siano protagonisti del cambiamento! Voi siete quelli che hanno il futuro! Attraverso di voi entra il futuro nel mondo. A voi chiedo anche di essere protagonisti di questo cambiamento» Francesco, Esort. Ap. Christus vivit (25 marzo 2019), 174.
[6] Cfr. E. Galiano
[7] Francesco, Esort. Ap. Episcopalis communio (15 settembre 2018).
[8] Così Francesco nelle note di accompagnamento: «Approvando il Documento, il 26 ottobre scorso, ho detto che esso «non è strettamente normativo» e che «la sua applicazione avrà bisogno di diverse mediazioni» Nota di accompagnamento del Santo Padre Francesco, in Francesco, Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione. Documento finale, in https://www.synod.va/content/dam/synod/news/2024-10-26_final-document/ITA—Documento-finale.pdf, 5. D’ora in poi Documento finale con il numero dei paragrafi relativi al documento stesso.
[9] L. Ricci, «Insegnare con “il cuore sul volto”: elementi della Teoria Polivagale, di Mindfulness e di Neuroscienze a supporto dell’insegnamento della Psicologia» – in Religione e Scuola, Rivista dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Vitale e Agricola” – 21 maggio 2024.
[10] P. Gilbert, La terapia focalizzata sulla compassione. Caratteristiche distintive, Franco Angeli, Milano, 2016.
[11] L. Capantini, D. Giovannini, S. Grassi, L. Ricci, «Un insegnamento incarnato. Il contributo delle neuroscienze, tra intersoggettività e forme vitali» Neopsiche. Rivista di Analisi Transazionale e Scienze Umane, anno 2012, Torino.
[12] L. Ricci, E. Solmi, «L’imprevista e sconfinata creatività di Dio: riflessioni di donna su un’esperienza pastorale LGBT+» in Testimoni (12 dicembre 2024).
[13] L. Ricci, «Quel vuoto pieno: lo spazio potenziale dello stimolo estetico in un gruppo di elaborazione delle perdite esistenziali» in www.tuttovita.it, Settembre 2019.
[14] D. J. Siegel, La mente relazionale. Neurobiologia dell’esperienza interpersonale, Raffaele Cortina Editore, Milano 20132.
[15] D. Giovannini, S. Grassi, M.E. Paramento, L. Ricci;«Unaltravisione e Consilienza: le basi neurobiologiche per educare» in, Parola e Tempo, XVI volume, ISSR Rimini, febbraio 2021.