Al momento stai visualizzando Usare la didattica per indagare il reale: la metodologia “debate”

Federico Solini[1]

Abstract

L’articolo intende presentare la metodologia debate tentando di sottolinearne innanzitutto i vantaggi a livello didattico per formare studenti e studentesse competenti per affrontare le sfide della vita: nello specifico, si procederà mostrando il collegamento fra il debate e le life skills. Si noterà come, seguendo regole e protocolli specifici, il dibattito non sia uno scambio semplice di opinioni, nel quale si rischia di far emergere quella meglio presentata al di là della sua aderenza alla realtà, bensì un modo per integrare l’arte di argomentare con una ricerca dettagliata e approfondita su temi che spesso toccano problemi reali e concreti. L’obiettivo è far emergere la verità in tutta la sua forza, o meglio cercare di avvicinarvisi essendo consapevoli della complessità del reale e quindi, di conseguenza, che spesso posizioni contrapposte possono avere comunque uguale dignità.

1. Introduzione: l’importanza delle life skills

Qual è il compito della scuola? Questo interrogativo aleggia e risuona nelle sale insegnanti da sempre, nelle discussioni e nei pensieri di tanti docenti che si ritrovano a compilare documenti, a firmare fiumi di carte e, perché no, ogni tanto anche a guidare – dūcĕre in latino – studenti e studentesse alla ricerca di un posto nel mondo. Per questo motivo come insegnanti dovremmo a nostra volta farci guidare seriamente da questa domanda senza sottovalutarla, per non cadere nei soliti cliché che conducono verso un unico centro di gravità: la propria disciplina. Se così fosse, il compito della scuola sarebbe allora la somma di una serie di obiettivi legati alle singole materie, messi in parallelo come compartimenti stagni. Purtroppo succede spesso che nelle parole, ma soprattutto nella prassi concreta, di molti insegnanti ci sia l’interesse esclusivo o fortemente preponderante per l’insegnamento di una serie di contenuti appartenenti alla propria materia, o peggio ancora per la semplice e meccanica trasmissione della stessa, per cui «io questo argomento l’ho spiegato, se gli studenti non lo capiscono e sono quasi tutti insufficienti non è colpa mia».
Una scuola fondata su queste basi come può preparare un bambino, un preadolescente o un adolescente ad affrontare le sfide della vita, che non hanno certo l’accortezza di presentarsi di fronte alla persona divise per materia? Per questo motivo, accanto alla legittima e necessaria preoccupazione per le proprie discipline, i docenti sono chiamati a sollecitare gli studenti anche sull’apprendimento di competenze trasversali come le cosiddette life skills, elaborate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 1993.[2] Il loro obiettivo è il benessere psicofisico dei bambini e degli adolescenti, senza il quale affrontare la quotidianità e puntare alla propria autonomia diventa un’impresa molto complessa. Per utilizzare una metafora, se l’apprendimento delle materie scolastiche corrisponde ad una serie di binari paralleli, le life skills sono un ponte che permette allo studente di affrontare la scuola con uno sguardo diverso sul proprio percorso e su questi stessi binari. Ci si muove su un’altra dimensione, insomma: non si tratta di collegamenti e giunture ma di veri e propri attraversamenti ‘dall’alto’. Questo ragionamento sarà sicuramente più chiaro quando si vanno a guardare quali sono:

  • capacità di prendere decisioni
  • risoluzione di problemi
  • pensiero creativo
  • pensiero critico
  • comunicazione efficace
  • relazioni efficaci
  • consapevolezza di sé
  • empatia
  • gestione delle emozioni
  • gestione dello stress.

Non ci sono discipline che, per loro natura, insegnano queste abilità, ma allo stesso tempo nessun insegnante deve ignorarle nello svolgimento del proprio lavoro. Come fare dunque? Esistono alcune metodologie didattiche che possono essere adottate per portare avanti i contenuti delle proprie discipline sollecitando contemporaneamente le life skills. Una di queste è la metodologia debate.

2. Cos’è un debate: le regole base

Il debate (in italiano, dibattito) è l’erede moderno della disputatio medievale portata avanti in università e monasteri, anche se questa pratica trova attualmente maggiore diffusione non alle nostre latitudini, bensì nel mondo anglosassone. Esso consiste in un confronto dialettico che assume le sembianze di una vera e propria sfida di argomentazioni, con entrambe le controparti – generalmente è una sfida fra due squadre – che mettono in campo parole e strategie per dimostrare la fondatezza della propria tesi. Per questo motivo viene considerato anche uno sport intellettuale, oltre che una metodologia applicabile in ambito didattico. Queste poche righe di presentazione dovrebbero essere già sufficienti per capire – o, perlomeno, intuire – il legame fra il debate e le life skills, soprattutto per quanto concerne le competenze in ambito comunicativo, di gestione delle emozioni e di pensiero critico e creativo. È tuttavia necessario andare più a fondo: il debate ha delle regole e delle caratteristiche ben precise, che non possono essere ridotte alla semplice discussione dialettica fra due interlocutori che portano avanti posizioni antitetiche.
Nella quotidianità dell’azione educativa in classe già si assiste al confronto fra gli studenti con la mediazione dell’insegnante, ma perché le argomentazioni possano emergere in tutta la loro forza non si possono improvvisare. Innanzitutto, su cosa si dibatte? L’oggetto del debate è una mozione (topic) che viene posta come affermazione e non come domanda. Per esempio: «Per sconfiggere la violenza sulle donne è meglio potenziare l’educazione alle relazioni affettive e familiari che inasprire le pene e i controlli».
È essenziale che le due parti in opposizione – coloro che sostengono la tesi ‘pro’ e coloro che sostengono la tesi ‘contro’ – partano ad armi pari: le due posizioni contrapposte devono avere la stessa dignità, e in fase valutativa sarà necessario far emergere non tanto chi ha ragione, ma chi ha portato le migliori argomentazioni.[3]Nel caso sovraesposto la tesi ‘pro’ – che, sostenendo la mozione, finirà per corrispondervi – sarà: «Per sconfiggere la violenza sulle donne è meglio potenziare l’educazione alle relazioni affettive e familiari che inasprire le pene e i controlli» mentre la tesi ‘contro’ sarà: «Per sconfiggere la violenza sulle donne non è meglio potenziare l’educazione alle relazioni affettive e familiari che inasprire le pene e i controlli»[4]. A livello scolastico, la riuscita del debate dipende da quanto il topic sia in grado di ‘scaldare gli animi’ e creare interesse verso tematiche vicine al vissuto degli studenti e delle studentesse. Ciò porterebbe ad un maggiore coinvolgimento e quindi, di conseguenza, ad una maggiore attivazione degli alunni. È altresì importante che il tema scelto non sia troppo vasto – col rischio sempre in agguato della dispersione – ma anche che non sia circoscritto entro binari troppo stretti, per sollecitare meglio la skill del pensiero creativo. I topic possono essere ricondotti a tre tipologie:

  • mozione di valore: è in discussione il giudizio morale, estetico, politico – e così via – di un’affermazione. Per esempio «Sarebbe giusto che un essere umano potesse accedere al suicidio assistito in caso di malattia degenerativa»;
  • mozione di fatto: è in discussione la veridicità o meno di un fatto. Per esempio «Le centrali nucleari sono pericolose per i cittadini che vivono ad un raggio di 150 km»;
  • mozione di policy, o piano d’azione[5]: è in discussione l’opportunità o meno di mettere in campo determinate azioni da parte di stati, governi, associazioni, enti, istituzioni e così via. Per esempio: «Il Comune di Bologna dovrebbe imporre la ‘zona 30’ su tutte le strade cittadine».

Come detto in precedenza, il debate non va improvvisato: esso segue delle regole e dei protocolli. Questi possono variare,[6] ma solitamente prevedono la presenza di due squadre contrapposte, le quali hanno il compito di sostenere la tesi ‘pro’ e la tesi ‘contro’ in riferimento alla mozione. L’obiettivo è portare elementi a sostegno della propria tesi, al di là delle opinioni personali. È questa la forza di questa metodologia per uno studente: confrontarsi col fatto che, al di là delle proprie posizioni, possono esistere argomentazioni pertinenti anche di segno opposto.
Generalmente le squadre sono composte da tre elementi, o speakers, che si alternano seguendo uno schema che prevede sia l’apertura che la chiusura da parte dello stesso team.[7] In realtà i turni di parola sono quattro: il primo o il secondo speaker di ogni squadra ha infatti il compito aggiuntivo di chiudere il dibattito per il proprio team con un’arringa finale. Ogni turno ha una durata di quattro minuti – due minuti per le arringhe – che è un punto di riferimento importante in sede di valutazione.
Per essere più chiari, il dibattito è aperto dal primo speaker ‘pro’, a cui segue il primo speaker ‘contro’; stessa alternanza per i secondi e i terzi speakers, mentre il turno delle arringhe finali verrà aperto dalla squadra ‘contro’ – come detto, con uno dei primi due speakers – e chiuso dalla squadra ‘pro’.

3. La valutazione del debate

Valutare un dibattito è molto più complicato di quello che sembra, tanto che esistono dei corsi molto specifici per diventare giudici. È possibile comunque coinvolgere i propri studenti attraverso alcuni concetti base molto rapidi da apprendere; in sintesi, ciò che conta è prestare la massima attenzione allo svolgimento della disputa e, all’occorrenza, appuntarsi il maggior numero di informazioni possibili per giungere ad un giudizio corretto. Ma non sono solo le argomentazioni ad incidere: come detto in precedenza c’è per esempio da considerare il rispetto dei tempi, ma anche lo stile argomentativo o la comunicazione non verbale. Per essere più precisi vengono valutati:

  • il contenuto: la qualità delle argomentazioni, la loro coerenza, la loro correttezza e il riferimento a fonti attendibili;
  • la strategia: la capacità di confutare gli errori avversari, l’accettazione di eventuali domande – previste nel protocollo del WSDC in ogni momento della sfida ad esclusione del primo e dell’ultimo intervento di ogni squadra, e che gli speakers avversari chiedono alzando la mano – e il rispetto delle tempistiche;
  • lo stile: tutto ciò che concerne la comunicazione non verbale, come per esempio il tono di voce e la postura.

Il momento valutativo è essenziale, perché può permettere il coinvolgimento di tutto il gruppo classe. Al di là dei giudici ‘ufficiali’, infatti, ogni studente e studentessa può essere chiamato ad una riflessione guidata su quanto dibattuto per stimolare l’ascolto attivo e il pensiero critico.

4. Nel cuore della questione

Non è semplice prevedere o immaginare lo svolgimento di un debate attraverso la semplice esposizione delle regole. Proviamo allora a portare un esempio concreto, a partire dal seguente topic: «L’Italia dovrebbe esercitare la censura nei confronti della serie TV Squid Game».
Si ricorderà che nel corso del 2021 la piattaforma Netflix ha pubblicato la suddetta serie televisiva, che si è distinta soprattutto per i contenuti che esibivano una violenza estrema, gratuita e cinica attraverso il meccanismo del gioco. Le polemiche sono cominciate quando molti bambini, dopo la visione della serie, hanno cominciato a giocare con i propri amici e compagni di scuola simulando quanto avveniva in Squid Game.
È chiaro che c’è da considerare l’innocenza e l’ingenuità infantili, tuttavia la normalizzazione della violenza, se non addirittura il divertimento e l’attrattiva connessi ad essa, hanno preoccupato molti osservatori, molte famiglie e molti insegnanti.
La tesi ‘pro’, in questo caso, segue alla lettera il topic, mentre la tesi ‘contro’ sarà la seguente: «L’Italia non dovrebbe esercitare la censura nei confronti della Serie TV Squid Game». La prima fase, preliminare allo svolgimento del dibattito[8], è lo studio del topic. Questo significa innanzitutto ‘acclimatarsi’ al tema, cioè studiarlo, capirne le questioni sottese e i campi scientifici coinvolti. In questo caso abbiamo a che fare con varie discipline come per esempio la pedagogia, la psicologia, la politica, la filosofia, l’economia e il diritto[9]. In secondo luogo bisogna chiedersi quali sono i termini chiave del topic, ognuno dei quali richiedente un approfondimento ad hoc: qui notiamo immediatamente ‘Italia’, ‘esercizio’, ‘censura’, ‘serie TV’, ‘Squid Game’, ma ad un livello secondario possiamo prendere in considerazione, per esempio, anche ‘libertà’ e ‘sovranità’.
Successivamente è necessario collocare il topic nello spazio e nel tempo – chiedendosi, per esempio, da quanto è visibile la serie TV oppure qual è la piattaforma nella quale è possibile vederla, o ancora se alcuni stati hanno già creato un precedente censurandola – e individuarne gli stakeholders, cioè i soggetti interessati, come per esempio l’Italia – il Governo? Il Presidente della Repubblica? Il Ministero della Cultura? – i cittadini italiani – adulti? Bambini? – e Netflix.
Infine questa lunga fase preparatoria dovrà concludersi con l’analisi delle motivazioni e degli interessi delle parti coinvolte, per far emergere meglio chi può avvantaggiarsi e chi meno dalla realizzazione di quanto indicato nel topic, e delle modalità e dei mezzi di intervento. Come è evidente si tratta di un processo piuttosto complesso, ma necessario per entrare fino in fondo nel cuore della mozione. Dopodiché è necessario costruire la linea argomentativa della propria squadra, che verrà messa in pratica durante il dibattito. Solitamente i ruoli si dividono nel seguente modo:

  • il primo speaker di ogni squadra presenta i termini della questione, ne evidenzia i concetti ed introduce le argomentazioni che verranno poi analizzate dai compagni. Può anche iniziare ad entrare dentro una di esse, come per esempio, per la squadra ‘pro’, «Squid Game presenta contenuti non adatti ai bambini». Si noti quanto detto in precedenza, cioè che il primo speaker ‘contro’ potrà già tentare di rispondere a quanto dichiarato dal primo speaker ‘pro’, magari sottolineando che la censura totale non è la soluzione per impedire ai bambini di guardare la serie;
  • il secondo speaker continua ad argomentare la tesi della squadra aggiungendo elementi nuovi, come preannunciato dal suo predecessore, e tenta di confutare quanto già dichiarato dagli avversari. In questa fase, per esempio, lo speaker ‘contro’ potrebbe sostenere che la censura di Squid Game in Italia porterebbe all’aumento del download illegale della serie, chiamando in causa eventuali casi simili[10];
  • il terzo speaker generalmente non introduce nuovi argomenti, ma rafforza quanto detto dai compagni e tenta gli affondi più forti contro le tesi degli avversari. Il terzo speaker ‘pro’, per esempio, potrebbe smontare i casi citati in precedenza dal secondo speaker ‘contro’;
  • le arringhe finali, compiute per entrambe le squadre da uno dei primi due speaker, ricapitolano i punti salienti del dibattito avendo cura di dimostrare che portano inevitabilmente verso la propria tesi. In questo caso, come detto, sarà la squadra ‘contro’ a iniziare il turno, cosicché la squadra ‘pro’ possa avere l’ultima parola e bilanciare lo svantaggio di non aver potuto appoggiarsi sulle argomentazioni avversarie durante il primo turno.

Si arriva infine alla valutazione compiuta dai giudici, su cui già si è scritto in precedenza. A livello didattico, tuttavia, non è tanto importante quale squadra vince, quanto invece sollecitare le soft skills dei debaters e permettere a tutti di entrare efficacemente dentro questioni che richiedono molto più approfondimento di quanto un semplice confronto improvvisato in classe può permettere.

5. Debate ed eristica

In conclusione, e in continuità con quanto detto in precedenza, è importante far emergere un punto fondamentale del debate, un apparente tallone d’Achille che può portare al sollevamento di alcuni dubbi sulla metodologia: non siamo pericolosamente vicini all’eristica? In fin dei conti, si tratterebbe di insegnare agli studenti e alle studentesse che qualsiasi argomentazione, se ben sostenuta e ben espressa, può essere convincente e salire al rango di (post-)verità.
Questa obiezione sarebbe corretta se si dibattesse su mozioni la cui correttezza è evidente, come per esempio «In un’addizione, cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambia», anche se sarebbe dura pure per il miglior oratore del mondo riuscire a sostenere il contrario. Ad ogni modo, come detto in precedenza, i topic vengono proposti per far emergere la complessità del reale tipica della postmodernità. Purtroppo o per fortuna la verità su alcune questioni è sfumata, obnubilata, ombrosa, sfuggente, così da rendere necessaria un’analisi molto profonda per vederci chiaro[11].
Durante questa operazione è facile, se non addirittura necessario, confrontarsi col fatto che alcune posizioni contrapposte possono essere ugualmente sostenibili. Ecco allora che diventa ancora più importante scavare nei meandri del reale per sciogliere tutti questi nodi, sapendo che è un’impresa mai realmente conclusa.
Il debate dunque non è solo argomentazione: è l’uso di quest’ultima per mettere in discussione le nostre certezze su questioni molto più complesse di quanto, a volte, la nostra pigrizia intellettuale non ammetta. È l’occasione per comprendere che, se alcune opinioni diverse dalla nostra sono sostenibili e fondate, allora è necessario adottare un atteggiamento critico che possa permettere di cambiare idea o, perché no, anche di rafforzare quanto già si sosteneva a partire da basi più solide. È anche l’occasione per mettersi nei panni dell’altro: in una società sempre più chiusa nell’individualismo esasperato – ed esasperante – è dovere di ogni insegnante tornare a far volgere lo sguardo delle nuove generazioni al di là di sé, verso l’alterità incarnata dal prossimo, dal mondo naturale e anche dal divino.
Anche se può sembrare strano, o una conclusione troppo ardita, il debate permette quella plasticità mentale che è fondamentale non solo per aprirsi ad opinioni diverse dalla propria ma anche per non chiudere la porta al senso religioso incarnato in ogni essere umano, ma spesso messo sotto silenzio dai muri che mettiamo nel nostro sistema di pensiero e di relazioni.
Questo esercizio di decentramento, in aggiunta all’insistenza sulle soft skills, è un grande regalo che, come insegnanti, dobbiamo fare ai nostri studenti per dar loro gli strumenti per vivere una vita piena e realizzata, decostruendo muri e, con gli stessi mattoni, costruendo ponti.


[1] Docente IRC all’Istituto d’Istruzione Superiore “Enrico Mattei”, San Lazzaro di Savena (BO).

[2] World Health Organization, «Life Skills Education for Children and Adolescents in Schools. Introduction and Guidelines to Facilitate the Development and Implementation of Life Skills Programmes», in https://iris.who.int/bitstream/handle/10665/63552/WHO_MNH_PSF_93.7A_Rev.2.pdf?sequence=1&isAllowed=y (27-08-2024).

[3] Il motivo di questa apparente rinuncia alla ricerca di una risposta definitiva al dibattito, cioè chi ha ragione e chi ha torto in maniera oggettiva, sta nella necessaria e naturale mancanza di esaurimento della mozione su cui si dibatte: facendo riferimento all’esempio sovraesposto, come faremmo a dire di aver valutato tutte le implicazioni legate all’educazione, all’affettività, ai vari tipi di violenza sulle donne, ai vari sistemi di controllo, e via dicendo? Si tratta di molteplici direzioni di ricerca, ciascuna delle quali mai totalmente concluse.

[4] Si noti la seguente sfumatura: la tesi ‘contro’ è l’esatto opposto della tesi ‘pro’, quindi la squadra dovrà dimostrare che è sbagliato sostenere che è meglio potenziare l’educazione alle relazioni affettive e familiari invece che inasprire le pene e i controlli. Eppure ciò non significa necessariamente che la bilancia deve pendere verso la seconda soluzione, cioè l’inasprimento di pene e controlli; per esempio si potrebbe sostenere che entrambe le strategie sono egualmente percorribili: basterebbe questo per negare che la tesi ‘pro’ sia sostenibile. Detto in termini logici, se la tesi ‘pro’ è A, la tesi ‘contro’ non è B: è non-A.

[5] Si tratta della tipologia più diffusa, in quanto molto indicata per sollecitare gli studenti su questioni legate alla cittadinanza attiva.

[6] Le variazioni sono molteplici, perciò diventa dispersivo proporne un ventaglio esaustivo. In questa sede verrà presentato il protocollo del World School Debate Championship (WSDC) in quanto abbastanza semplice e lineare, per non spostare l’attenzione sul motivo di questa analisi, cioè la comprensione della metodologia debate al fine di poterne cogliere l’importanza a livello didattico.

[7] Il motivo è legato al vantaggio che si può avere nella chiusura del dibattito, cioè non avere un contraddittorio successivo, che equilibra lo svantaggio di dover aprire la disputa senza avere come appoggio le argomentazioni avversarie da poter criticare.

[8] Come detto in precedenza, un debate non si improvvisa, salvo alcuni casi particolari. Per questo motivo è necessario un tempo congruo, anche mesi se necessario, per studiare il topic e preparare la linea argomentativa.

[9] Da ciò si comprende facilmente quanto lo studio di un topic sia trasversale fra le materie scolastiche, e questo non fa che mostrare ancora di più l’importanza del debate per formare studenti competenti.

[10] Per dare forza alle argomentazioni, ma ancora di più per rendere il debate realmente utile, è necessario appoggiarsi su fonti attendibili.

[11] Si veda la nota 2.