LA BIBBIA E LE DONNE. L’EDITORIA SPECCHIO E MOTORE DEL PENSIERO

Valentina Zacchia Rondinini Tanari[1]

Abstract

Osservare la rapida evoluzione dell’editoria che si è occupata del rapporto tra donne, teologia, Chiesa e cristianesimo, come è possibile fare in biblioteca, è di aiuto a studenti e curiosi per farsi un’idea dei cambiamenti che hanno attraversato gli ultimi quarant’anni, nei quali si è progressivamente passati dall’importazione di testi internazionali di teologia femminista[2] a una produzione italiana e critica di alta caratura scientifica.

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SULLA SOGLIA DEL MISTERO: LA TEOLOGIA HA BISOGNO DELLA LETTERATURA?

Matteo Pasqualone[1]

Abstract

Alla luce di una recente rivalutazione della disciplina della letteratura da parte della Chiesa, il seguente studio si preoccupa di indagare un possibile contributo che la letteratura può dare al sapere teologico, nella consapevolezza che tale rapporto non risulta sempre chiaro e univoco.
In un primo momento, allora, si analizzeranno alcuni interventi magisteriali in cui emerge un’attenzione particolare che la Chiesa dovrebbe avere verso la letteratura e le arti. In seguito, partendo dall’icona biblica di Gv 20,3-9, verranno evidenziate le reazioni dei personaggi davanti alla tomba vuota, laddove Pietro sarà la personificazione della teologia e Giovanni della letteratura. Infine si metteranno in luce i contributi che l’immaginazione (e quindi la letteratura) può dare alla teologia, educandola a uno sguardo che sappia penetrare meglio il mistero dell’umano.

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LA TEOLOGIA È UNA SCIENZA?

Fabio Gambetti[1]

Abstract

L’ articolo affronta un tema costantemente presente e discusso in diversi periodi della storia, quello della veridicità della teologia e della scienza. La questione della veridicità sembra trasversale alle discipline per questo l’autore si chiede se e in che termini la teologia sia una scienza, ma anche che cosa bisogna intendere per scienza e quale sia il grado di veridicità che essa possiede.

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Quale teologia per gli istituti superiori di scienze religiose?

Marco Tibaldi[1]

Abstract

Lo studio prende in esame gli stimoli che provengono alla teologia dall’istituzione degli ISSR. Siccome la loro natura specifica, rispetto ad altri percorsi accademici, è quella di cercare una nuova sintesi tra fede e cultura, anche la teologia che in essi viene elaborata deve assumere questa connotazione. È questa anche la sfida che papa Francesco invita ad accettare nella fase di cambiamento d’epoca in cui siamo. In questa linea, a giudizio dell’autore, una opportunità ancora poco presente nel panorama italiano è data dall’assunzione delle categorie della semiotica di C. S Peirce, uno dei massimi logici e filosofi del secolo scorso, le cui teorie son state recepite in un filone di studi denominato Teosemiotica.  Dopo averne presentate alcune coordinate, ne vengono date alcune possibili applicazioni, a cominciare dalla teologia trinitaria, in ordine alla definizione dell’importante categoria di relazione.

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Apprendere per immagini

La costruzione figurativa del significato: un breve excursus storico critico fino ai giorni nostri attraverso i contributi di Gioacchino Da Fiore e Giambattista Vico.

Maria Cecilia Lodini[1]

Abstract

Grazie alle teorie dell’apprendimento metacognitivo sorte in epoca contemporanea, sappiamo che esistono vari stili cognitivi e che oggi la maggior parte dei ragazzi, forse anche per il massiccio uso che si fa dei dispositivi digitali, ha uno stile di apprendimento tendenzialmente visivo. Che l’immagine fosse un potente canale comunicativo e di apprendimento, lo aveva già capito nel XII secolo il teologo e filosofo Gioacchino da Fiore, che elaborò una serie di tavole, fatte di immagini e parole, per spiegare alcuni difficili concetti filosofici e teologici (immagini ben conservate, tra l’altro, in una copia del codice miniato nel Museo Diocesano di Reggio Emilia). Nel XVIII secolo, il filosofo partenopeo Giambattista Vico introdusse La Scienza nuova, attraverso una tavola grafica che anticipava e riassumeva le tematiche principali affrontate nel testo.

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Fare teologia con le serie tv

L’esempio di Lost

Federico Solini[1]

Abstract

L’articolo intende mostrare come si possa fare teologia a partire da un prodotto della cosiddetta ‘cultura pop’, prendendo come esempio la serie tv Lost. In essa si trovano intuizioni riconducibili al messaggio evangelico e, contemporaneamente, alla condizione dell’uomo postmoderno; per questo motivo è possibile compiere una breve analisi della serie con l’obiettivo di far emergere questi elementi, giungendo infine ad una sintesi che permetta di mettere in luce la ricchezza di significato del Vangelo in rapporto alle domande di senso dell’essere umano. Si sottolineeranno in particolare due necessità: abbracciare un percorso di conversione e riappropriazione del sé più profondo e autentico e mettere al centro la relazione con l’altro, aprendosi all’aspetto comunitario della ricerca della felicità e della salvezza.

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