Al momento stai visualizzando Esserci, nel tempo della complessità

Maria Antonia Chinello[1]

Abstract

L’articolo presenta criticamente il documento “Verso una piena presenza. Riflessione pastorale sul coinvolgimento con i social media” (2023) del Dicastero vaticano per la Comunicazione Sociale. Il testo è frutto di una riflessione che ha coinvolto esperti, educatori, giovani professionisti e leader, laici, religiosi e clero, nella speranza di favorire una riflessione comune sulle esperienze digitali, incoraggiando sia gli individui sia le comunità ad adottare un approccio creativo e costruttivo, che possa favorire una cultura della prossimità. Una prossimità che è la “cifra” della presenza della Chiesa nel mondo della comunicazione.

Introduzione

È nell’ottica dello “stare” che si dipana il Documento, pubblicato il 28 maggio 2023, dal Dicastero per la Comunicazione: “Verso una piena presenza. Riflessione pastorale sul coinvolgimento con i social media”. È nella consapevolezza che la comunicazione, un processo dinamico che si costruisce nel tempo e nello spazio, oggi definisce la nostra epoca dinamica e complessa, segnata dall’accelerazione del tempo e dall’innovazione costante della tecnologia. Papa Francesco la definisce con un neologismo efficace “rapidazione”,  in cui cose, persone, relazioni umane invecchiano presto.
Viviamo «in uno di quei momenti nei quali i cambiamenti non sono più lineari, bensì epocali; costituiscono delle scelte che trasformano velocemente il modo di vivere, di relazionarsi, di comunicare ed elaborare il pensiero, di rapportarsi tra le generazioni umane e di comprendere e di vivere la fede e la scienza».[1] Un contesto che rischia di essere appiattito sul presente, schiacciato e senza prospettive, senza orizzonti, senza futuro, tutto racchiuso nel “qui ed ora” e “tutto e subito”.
Un documento “nuovo” che affronta dall’ottica pastorale, «alcune delle principali questioni che riguardano il modo in cui i cristiani dovrebbero utilizzare i social media» (n. 5) ritenuti «una componente del fenomeno molto più ampio e complesso della digitalizzazione» (n. 7), che intravvede il progredire dei sistemi di tecnologie dell’Intelligenza Artificiale e il ruolo che avranno in un futuro che è già qui, presente (n. 8).
Il testo è «frutto di una riflessione che ha coinvolto esperti, educatori, giovani professionisti e leader, laici, religiosi e clero», nella speranza di «promuovere una riflessione comune sulle nostre esperienze digitali, incoraggiando sia gli individui sia le comunità ad adottare un approccio creativo e costruttivo, che possa favorire una cultura della prossimità» (n. 5).
Una prossimità che è la “cifra” della presenza della Chiesa nel mondo della comunicazione. Da sempre, una continuità lungo i secoli, con un pensare e agire attento alle persone e alle comunità immerse nei “segni dei tempi”, impegnate a coglierli e a interpretarli, per narrare la cultura del rispetto, del dialogo, dell’amicizia.
Un comunicare quello della Chiesa che ha sviluppato ottiche differenti lungo i secoli, rispondenti ai contesti socio-culturali del tempo, ma che ha lentamente inteso i media non soltanto come “strumenti” quanto come “spazi” in cui incontrare e testimoniare il Vangelo.
Una riflessione che nell’apporto degli ultimi pontefici – in particolare con i messaggi per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali di Benedetto XVI e Francesco – si evidenzia con la scelta di tematiche che toccano la realtà della comunicazione quotidiana, quella che si vive nella famiglia, nella scuola, nei gruppi, nelle comunità ecclesiali. Ma che, ad una lettura più approfondita, si rivelano un manuale di comunicazione umana efficace e autentica, una grammatica della buona comunicazione e un “ABC” per il buon comunicatore.
È su questo scenario che si può aprire una riflessione, per continuare quella avviata dal documento in questione. Come far sì che nella società informazionale, la comunicazione non sia un problema; come non rischiare l’insignificanza delle parole, l’ambiguità dei gesti? Come rigenerare, quella capacità di comunicare che così profondamente ci costituisce, dato che la persona è essere-in-relazione? Sappiamo bene che sia le parole che i gesti possono essere di per sé strumentali e violenti sotto tutte le apparenze; che si può parlare in un modo e agire in un altro, che non è certo l’essere onlife che frammenta la nostra vita, perché si può essere vicini, ma disconnessi, insieme, ma soli.
La convinzione che nella comunicazione il primato è dell’antropologico e non del tecnologico, porta a rifiutare determinismi e riduzionismi. L’essere on o off, dentro o fuori la rete, non ci rende più socievoli o più soli: il digitale ci scomoda e ci sbilancia, non è un alibi o un capro espiatorio per e di responsabilità che sono solo nostre.
In quest’ottica, il Vangelo ci offre un’altra icona di comunicazione, oltre a quella del Samaritano così ben messa a fuoco dal documento, che è incontro e dialogo. In quanto «in ogni situazione, al di là delle tecnologie, credo che l’obiettivo sia quello di sapersi inserire nel dialogo con gli uomini e le donne di oggi per comprenderne le attese, i dubbi, le speranze»,[2] perché occorre «saper dialogare, entrando, con discernimento, anche negli ambiti creati dalle nuove tecnologie, nelle reti sociali, per far emergere una presenza che ascolta, dialoga, incoraggia».[3]
Il pellegrino di Emmaus che si affianca ai “discepoli del Signore” in fuga da Gerusalemme, è icona della comunicazione nel suo essere profondità e bellezza di dialogo e incontro.
La “cultura dell’incontro” così come papa Francesco ce la sta testimoniando, con gesti concreti, è prestare attenzione all’altro e non sottrarsi alla necessità «di fare compagnia, di andare al di là del semplice ascolto». È una Chiesa «che accompagna il cammino mettendosi in cammino con la gente; una Chiesa capace di decifrare la notte contenuta nella fuga di tanti fratelli e sorelle da Gerusalemme».[4] È attenzione e prossimità alla concretezza del cammino quotidiano di uomini e donne; è confronto rispettoso per camminare insieme all’incontro con Cristo. Ma «occorre sapersi inserire nel dialogo con gli uomini e le donne di oggi, per comprenderne le attese, i dubbi, le speranze, e offrire loro il Vangelo, cioè Gesù Cristo, Dio fatto uomo […]. La sfida richiede profondità, attenzione alla vita, sensibilità spirituale».[5] È, ancora, disponibilità «a coinvolgersi pazientemente e con rispetto nelle loro domande e nei loro dubbi, nel cammino di ricerca della verità e del senso dell’esistenza umana».[6]
Sempre nel Vangelo troviamo un fatto di “comunità”, perché il comunicare e la comunicazione autentica creano relazione, ospitalità, fiducia. Di fronte alla costatazione che manca il pane per tutti, i discepoli i discepoli si rivolgono a Gesù. 

1. «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani e due pesci»

Sono ragazzi e ragazze, bambini, preadolescenti e adolescenti che incontriamo ogni giorno nella missione formativa di insegnanti. Nella loro vita la dimensione online e quella offline sono ormai intrecciate in modo indissolubile.[7] Noi e loro viviamo onlife.[8]
I sistemi di tecnologie dell’Intelligenza Artificiale, in particolare quelle generative e conversazionali stanno rimodellando il settore della produzione e diffusione dei contenuti digitali, aprendo a nuovi scenari, soprattutto all’audio digitale e del video intrattenimento, dell’informazione e degli eBook. Secondo l’Osservatorio Digital Content del Politecnico di Milano sono in aumento i fruitori di “podcat” (musica e audiolibri): nel 2023 12 milioni di ascoltatori al mese, per circa 4 ore settimanali di media a persona.[9] Anche Ipsos Digital Audio Survey, rileva che i fruitori di podcast sono circa 11,9 milioni, il 39% tra i 16 e i 60 anni, in crescita rispetto al 36% dell’anno precedente.[10] Una richiesta di ascolto anywhere e anytime, che questo format sembra intercettare.
Uno studio americano allerta riguardo al fatto che oggi soprattutto i bambini, i ragazzi e i giovani sembrano non aver bisogno di ricordare, in quanto basta sapere dove trovare le cose. L’utilizzo di smartphone, tablet e computer per qualsiasi tipo di informazione ha reso la funzione della memoria quasi superflua. La memoria umana viene “delocalizzata” nei dispositivi digitali, archivio esterno e portatile di informazioni. Immagini, suoni, parole, ma anche emozioni, affetti, ricordi diventano accessibili, estesi e amplificati nei flussi delle applicazioni.[11] L’Ipsos Global Trends 2023, che misura e monitora i cambiamenti nei valori e atteggiamenti delle persone, sostiene che nel 2023, il 27% degli intervistati presumeva che sarebbe stato possibile servirsi di un impianto cerebrale per ripristinare i ricordi perduti.
La ricerca qualitativa sulla violenza onlife nelle relazioni intime tra adolescenti in Italia, realizzata da Save the Children nel 2024 in collaborazione con IPSOS “Le ragazze stanno bene?”,[12] riporta veri campanelli d’allarme che non possono essere ignorati: «il 30% degli adolescenti sostiene che la gelosia è un segno di amore. Quasi 1 adolescente su 5 pensa possa succedere che in una relazione intima scappi uno schiaffo ogni tanto. E in effetti, quando si passa dalle opinioni alle esperienze, il 19% di chi ha o ha avuto una relazione intima, dichiara di essere stato spaventato dal/dalla partner con atteggiamenti violenti, come schiaffi, pugni, spinte o lanci di oggetti».
Il Covid-19 ha colpito duramente le bambine, i bambini e le/gli adolescenti. E le conseguenze sono evidenti. Secondo alcuni autori, i ragazzi provano ansia e depressione già a 7 anni. La pandemia ha però fatto emergere una nuova forma di povertà educativa, quella digitale, fino ad ora poco considerata. In un mondo dove le tecnologie digitali fanno sempre più parte della sfera personale, educativa e relazionale, l’utilizzo della didattica a distanza, ha rivelato la presenza, nel nostro paese, di forti disuguaglianze “digitali”, non solo nella disponibilità di connessioni o dispositivi, ma anche e soprattutto nelle competenze e capacità nell’utilizzo di media e dispositivi. Per crescere in un mondo globalizzato e sempre più connesso, dove il digitale è parte integrante dei minori, essere competenti digitali si riferisce non soltanto ad apprendere grazie alle tecnologie, ma anche alla definizione, attraverso le stesse, della propria immagine e del proprio, essere, del rapporto con gli altri e con il mondo circostante.
È tempo di decentrarsi e cambiare il punto di vista, di ascolto dell’orizzonte che abbiamo davanti ogni giorno? Forse occorre considerare quell’attitudine mai sopita dell’essere umano di tacere per fare spazio alla parola dell’altro, alle sue narrazioni al suo racconto e riappropriarsi del silenzio e della parola nel loro reciproco fecondo rapporto. Si ha bisogno di imparare nuovamente a parlare, a dire parole “parlanti” e non solo “parlate”; non violente e svuotate; di imparare a tacere non per chiudersi nella prigionia delle solitudini, ma per lasciarsi raggiungere dalla parola che evoca, abita, attira, trasforma; di imparare ad ascoltare in modo attivo, mite, generativo, perché non diventiamo sterili, chiusi, indifferenti. Perché se non c’è spazio per Cristo non c’è spazio per l’uomo, immagine e somiglianza di Dio. Se non c’è connessione per annunciare il Vangelo, non c’è nemmeno rete per raccontare l’amore con parole e gesti.

2. «Chi spezzerà loro il pane?»

Come e cosa fare come insegnanti, educatori? Il nostro mondo è difficile da decifrare. Si potrebbe correggere il famoso detto di Eraclito “tutto scorre” in “tutto corre”. Ma si aprono molti dubbi, soprattutto quelli che accompagnano il percorso educativo. Quali convinzioni coltivare, quali competenze promuovere in noi e nei ragazzi, nei giovani? È importante ricordare che:

  1. La Rete non è stata pensata dal punto di vista pedagogico. Le sue regole, i suoi algoritmi, i suoi business non sono disegnati per i bambini, i ragazzi, gli adolescenti che abitano gli ambienti e le piattaforme. È urgente, allora, “ridisegnarla” su misura dell’infanzia e dell’adolescenza, per rendere sicuri e protetti gli spazi di fruizione e espressione.
  2. Due. Le disuguaglianze di accesso non possono essere ascritte solo al possesso o meno dei dispositivi, ma vanno ampliate nel considerare a che cosa viene precluso come opportunità di sapere, di esperienza, di relazione e di socialità, di padronanza di competenze.
  3. In questo tempo di “cambiamento d’epoca”, c’è bisogno di una forte responsabilizzazione del mondo degli adulti, a partire dai genitori, dagli educatori e dagli insegnanti.

C’è bisogno di competenza comunicativa, in quanto cambiano i ruoli e le forme del comunicare. È una sfida comunicativa quella che ci pongono oggi le tecniche di machine learning e l’uso dei big data, poiché l’autonomia della comunicazione si è spinta un passo più avanti dei processi psichici di chi interagisce e partecipa. Adottare allora un concetto di comunicazione che sia in grado di tener conto anche della possibilità che il partner comunicativo non sia un essere umano ma un algoritmo è indispensabile. Il risultato che può essere già osservato oggi è una condizione in cui disponiamo di informazioni di cui spesso nessuno può ricostruire né comprendere la genesi, ma che ciononostante non sono arbitrarie. Le informazioni generate autonomamente dagli algoritmi non sono affatto casuali e sono del tutto controllate, ma non dai processi della mente umana».[13]
Gli algoritmi come i dati non si vedono; non sappiamo come funzionano e quali dei nostri dati utilizzano; non sappiamo nemmeno a chi li cedono e chi li utilizzerà. È fuori dubbio che possano “pensare”, ma sembra più sicuro che possano fungere da partner comunicativi. Come controllare tutto questo, per noi a volte incomprensibile? Come dare risposte serie? Come discernere? Come stare dentro a tutto questo? Se le macchine partecipano alla comunicazione, vuol dire che sono diventate umane, o almeno hanno imparato a riprodurre l’intelligenza degli esseri umani?[14] Il “comunicare” ha bisogno di spazio e tempo, di reciprocità, di ascolto e di gesti, di silenzio e di parole, di “passaggi” di anima, come affermava Henry Bergson.
C’è bisogno di adulti che tornino ad assumere pienamente e con responsabilità la loro adultità, proprio perché si evidenzia il profilo di una società in forte disagio, soprattutto in difficoltà a giocare ancora una funzione educativa significativa. All’educatore oggi viene richiesto di essere “mediatore”, per dare alle nuove generazioni (e ai loro genitori) un riferimento chiaro e soprattutto credibile, risposte, attraverso conoscenze, abilità e atteggiamenti ridefiniti nel tempo della comunicazione.
Non basta che l’adulto sappia usare i dispositivi dal punto di vista tecnico, deve soprattutto saper “stare accanto” in una relazione di accompagnamento; ascoltare e narrare, in un vicendevole educarsi; crescere e resistere in un processo di reciprocità. Quasi un nuovo patto intergenerazionale. È qui che il bisogno educativo dell’incontro con l’adulto può trovare una risposta: un educatore – mediatore responsabile e competente.[15]
I giovani regalano il loro “saper fare”: insegnano come funziona, alfabetizzano a un linguaggio che ormai non può più restare totalmente estraneo; l’adulto dona loro la “sapienza” del fare, lo sguardo di chi ha già percorso un pezzo di cammino, di chi può aiutarli a vedere con occhi diversi, offrendo criteri di discernimento e orientamento, accompagnandoli a porre la questione irrinunciabile del senso.
C’è bisogno di narratori e narratrici. Virtual, una rivista fondata nel 1993 e diretta da Stefania Garassini, in uno dei primi numeri rifletteva sul significato e sul senso del virtuale. Trent’anni dopo, questo termine ha incorporato in sé molte riflessioni, studi, esperienze che ci conducono a stare dentro la realtà in cui viviamo, a permettere quell’accadere che può diventare presenza e testimonianza, annuncio e celebrazione di una vita più grande di noi.
Se riconosciamo che il virtuale diventerà il paradigma dominante del prossimo secolo, è allora urgente e strategico riflettere, fra molte questioni, sulla nuova attitudine culturale necessaria, in particolare nel campo dell’educazione, un settore assolutamente prioritario.
Il virtuale è una terra incognita, un continente immaginario, inesplorato, che adesso occorre incominciare a solcare, come facevano un tempo i navigatori dei mari reali.
Di che genere di esploratori abbiamo bisogno? Quale educazione dare alle generazioni emergenti perché siano capaci di padroneggiare questi vasti spazi cognitivi?
Sembra che la cultura virtuale emergente possa distinguersi dalla cultura caratteristica della società industriale sotto molti aspetti.
È una cultura di nomadi e di navigatori piuttosto che di sedentari e di coltivatori. I percorsi, le strade, i crocevia, le vie di comunicazione diventano una posta molto più importante rispetto alle riserve, alle fortezze inespugnabili, alle scorte accumulate. Persino questa metafora del “percorso” o del “crocevia” è inadeguata perché ancora troppo terrestre e non abbastanza marittima… L’uomo del virtuale è un marinaio piuttosto che un contadino.
I mari di oggi sono più vasti di quelli di Cristoforo Colombo e di Magellano. Come fare quindi a preparare i ragazzi e noi stessi ad affrontare questi mari agitati da furiose tempeste?
Dobbiamo insegnare ad essere capitani di lungo corso, in grado di fidarsi delle stesse, di tenere la barra del timone con qualsiasi tempo, dobbiamo regalare il desiderio delle isole lontane, degli arcipelaghi affioranti, delle destinazioni mitiche.
Dobbiamo dare il senso pratico indispensabile per adattarsi a un territorio in continuo movimento ma soprattutto comunicare gli elementi di una saggezza lungimirante. Poiché i mari di oggi sono infiniti e questo rende ancora più difficile e rischioso avvistare la colomba con il ramo d’ulivo che annuncia la terraferma.
Terraferma? Dobbiamo sapere che il virtuale ci condanna a trovare la terraferma soltanto in noi stessi e nei nostri sogni.
Crediamo che l’educare e il mettersi a fianco dei giovani, dei ragazzi, dei piccoli, a tutte le età della vita, è formazione o semplicemente non lo è. E questo non ci sembra mai così vero come per l’oggi.[16] In questo contesto di passaggio in cui ci è dato vivere, non possiamo perdere l’entusiasmo, ma ci è chiesto di raccogliere in piena consapevolezza le sfide in atto, e trasmettere ai giovani e alle persone che si affidano a noi il coraggio e la gioia insiti nell’avventura in corso. C’è bisogno di maestri ed educatori che non posseggano sempre tutte le risposte, ma conoscano qualche segreto pratico e concreto per vivere senza troppa paura, e per continuare a fidarsi della rotta che di notte ci offre soltanto la stella polare.

«C’è qui un ragazzo che ha cinque pani e due pesci» è lo stupore della scoperta. «Chi spezzerà loro il pane?». È la consegna che esige azione.


[1] Docente di Comunicazione Sociale, Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione “Auxilium”, Roma.

[2] Papa Francesco, Discorso del Santo Padre Francesco alla Curia romana per gli auguri di Natale, (21 dicembre 2019) in https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2019/december/documents/papa-francesco_20191221_curia-romana.html (05-11-2022).

[3] Papa Francesco, Discorso ai partecipanti all’Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazione sociali, (21 settembre 2013), in https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2013/september/documents/papa-francesco_20130921_plenaria-pccs.html (12-03-2024).

[4] Id., Discorso ai partecipanti all’Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazione sociali, (21 settembre 2013), in https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2013/september/documents/papa-francesco_20130921_plenaria-pccs.html (12-03-2024).

[5] Id., Incontro con l’episcopato brasiliano (27 luglio 213), in https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2013/july/documents/papa-francesco_20130727_gmg-episcopato-brasile.html (12-03-2024).

[6] Id., Incontro con l’episcopato brasiliano (27 luglio 213), in https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2013/july/documents/papa-francesco_20130727_gmg-episcopato-brasile.html (12-03-2024).

[7] Benedetto XVI, Reti sociali: porte di verità e di fede; nuovi spazi di evangelizzazione. Messaggio per XLVII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali (12 maggio 2013), in https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/messages/communications/documents/hf_ben-xvi_mes_20130124_47th-world-communications-day.html (12-03-2024).

[8] Cfr. Save the Children, Tempi digitali. Atlante dell’infanzia (a rischio) in Italia, a cura di Vichi De Marchi, in https://s3.savethechildren.it/public/files/uploads/pubblicazioni/xiv-atlante-dellinfanzia-rischio-tempi-digitali.pdf (12-03-2024).

[9] Cf L. Floridi, La quarta rivoluzione. Come l’infosfera sta trasformando il mondo, Milano, Raffaello Cortina Editore 2017.

[10] Cfr. Osservatori.net Digital Innovation, in https://blog.osservatori.net/it_it/videoenterteinment_gl=1*68rkp*_ga*MTE0ODc3Mjk1OC4xNzA4NjU4Nzg3*_ga_8JFFBZLKC3*MTcwODY1ODc4Ni4xLjEuMTcwODY1ODg5OC40OS4wLjA (10-03-2024).

[11] Ipsos Digital Audio Survey, I podcast sono qui per restare. Il pubblico li vuole valorizziamoli!, in https://www.ipsos.com/sites/default/files/ct/news/documents/2023-09/Ipsos%20Digital%20Audio%20Survey%202023_pdf.pdf (08-03-2024).

[12] Cfr. D. Kerckhove, Cose imparate da McLuhan per insegnare, in A. F. De Toni – R. Masiero – S. Tagliagambe (a cura di), Per un manifesto del digitale nella scuola, Sesto San Giovanni (MI), Mimesis 2022, 49-69.

[13] Cfr. Save the Children, Adolescenti e violenza di genere onlife: le ragazze stanno bene?, in https://www.savethechildren.it/blog-notizie/adolescenti-e-violenza-di-genere-onlife-le-ragazze-stanno-bene (12-03-2024). Il rapporto di ricerca completo è disponibile in rete al seguente indirizzo: https://s3.savethechildren.it/public/files/uploads/pubblicazioni/le-ragazze-stanno-bene_1.pdf.

[14] E. Esposito, Comunicazione artificiale. Come gli algoritmi producono intelligenza sociale, Milano, Bocconi University Press 2022, 8.

[15] Cfr. L. Floridi, Etica dell’intelligenza artificiale. Sviluppi, opportunità, sfide, Milano, Raffaello Cortina Editore 2022.

[16] Cfr. C. Panciroli – P. C. Rivoltella, Pedagogia algoritmica. Per una riflessione educativa sull’Intelligenza Artificiale, Brescia, Editrice Morcelliana 2023.

[17] Cfr. M. Benasayag – T. Cohen Teodoro, L’epoca dell’intranquillità. Lettera alle nuove generazioni, Milano, Vita e Pensiero 2023.