Stefano Golinelli[1]
Abstract
Il cristocentrismo della teologia del beato Giacomo Alberione (1884-1971), fondatore della Famiglia Paolina, [2] insiste sul trinomio di Gv 14,6 («Io sono la Via, la Verità e la Vita») e da qui sviluppa una peculiare antropologia teologica, da cui deriva un metodo che rappresenta la sintesi della sua spiritualità apostolica. Secondo lo stile del dialogo asimmetrico, che prende il cosiddetto metodo «Via-Verità-Vita» dalla teologia, ma si lascia autenticamente arricchire dal contributo delle scienze umane sulla comune base dell’antropologia, è possibile pensare ad un’applicazione di questo stesso metodo all’Insegnamento della Religione Cattolica in Italia.
1. Cristocentrismo, antropologia e scienze dell’educazione
Il giovane Alberione, all’età di sedici anni, rimane fortemente colpito dalla lettura dell’enciclica Tametsi futura prospicientibus di Leone XIII,[3] e su questa costruirà nel tempo una teologia cristocentrica che sviluppa il versetto di Gv 14,6 «Io sono la Via, la Verità e la Vita». Le ricadute più importanti di questo approccio si hanno, però, nell’antropologia teologica, perché Cristo diventa Verità per la mente, Via per la volontà e Vita per il cuore, secondo un’impostazione che risente della filosofia e della teologia neo-tomiste del tempo, e che tende ad anteporre il momento conoscitivo a quello legato alla volontà. A parere del beato, lo scopo del cristiano è quello di lasciarsi «cristificare» dall’incontro con Gesù, fino a dire con san Paolo «Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me» (Gal 2,20). È possibile allora individuare un vero e proprio metodo, il metodo «Via-Verità-Vita», che organizza il vivere e l’operare del paolino, il quale è spinto ad unificare in Cristo la conoscenza (Verità), la risposta etica (Via) e l’educazione affettiva (Vita). Una delle sue opere più importanti dove troviamo sistematizzate queste idee è Donec formetur Christus in vobis,[4] in cui, a partire dallo schema degli esercizi spirituali ignaziani e dalla tripartizione del cammino ascetico-mistico diviso in via purgativa, illuminativa e unitiva, il nostro autore delinea la struttura di una spiritualità integrale già orientata al particolare apostolato dei mezzi della comunicazione sociale, che diventerà uno degli aspetti carismatici delle sue fondazioni. Anche la scelta della figura di san Paolo come patrono e vero fondatore dei suoi istituti non è casuale, ma evidenzia il respiro universale o olistico che Alberione intende dare alla sua spiritualità apostolica: san Paolo rappresenta, infatti, il santo che più di tutti ha indagato il mistero di Cristo nella sua totalità.[5]
Questa antropologia relazionale, personalista e aperta alla trascendenza può rappresentare un buon terreno di dialogo con le scienze dell’educazione, specialmente se teniamo conto della didattica per competenze, come richiesto dalle più recenti direttive a livello europeo.[6] Per definire il concetto di «competenza» può esserci utile il pensiero del pedagogista Giuseppe Bertagna, il quale pone la competenza al termine di un processo che interseca formazione ed istruzione.[7] Secondo lui, le «capacità» sono quei talenti naturali che ognuno possiede in partenza e che ha il compito di «e-ducare», alla lettera «trarre fuori», attraverso l’apporto dell’«asse dell’istruzione», che si compone di conoscenze e abilità. Il processo dinamico di formazione, che incrocia la natura delle capacità con la cultura dell’istruzione, giunge all’atto – usando il linguaggio aristotelico dell’autore – proprio con le competenze, che non sono altro che l’applicazione di natura e cultura alla risoluzione di un problema in situazione, strettamente legato alla vita. Come sappiamo, più recentemente la teoria delle competenze si è arricchita di un ulteriore aspetto in quello che Bertagna chiama «asse dell’istruzione»: al sapere (conoscenze) e al saper fare (abilità) si sono aggiunte quelle disposizioni o mentalità da educare, che coprono una frastagliata area nel campo dell’intelligenza emotiva[8] e dell’affettività, e che sono state definite «atteggiamenti».
Il confronto tra la didattica per competenze e la teologia di «Gesù Maestro Via-Verità-Vita» ci ha portato ad individuare numerose analogie, specie se, come vedremo, l’analisi della spiritualità alberioniana si allarga a quella dell’apostolato. Ma come far interagire teologia e scienze dell’educazione? Il dialogo tra due modelli di teologia pastorale opposti ci ha indirizzato verso una nostra personale sintesi. Da un lato Roberto Carelli,[9] trovando nella teologia la condizione di possibilità della stessa educazione, propone un interessante e per nulla ingenuo approccio derivazionista; dall’altro Riccardo Tonelli[10] sottolinea per la Rivelazione l’innegabile importanza delle mediazioni, secondo la centralità dell’Incarnazione e del concetto di «sacramentalità». La nostra proposta ha cercato di integrare la natura teologica del metodo «Via-Verità-Vita», che proviene dalla cristologia, con l’attenzione che lo stesso Alberione ha sempre dimostrato verso tutte le scienze umane, come stimolo per interrogare la teologia stessa, facendone emergere ogni potenzialità. Ci sembra, dunque, opportuno parlare di «dialogo asimmetrico» per definire questa particolare relazione interdisciplinare. Ma ciò non è ancora sufficiente. Infatti, se vogliamo portare questo metodo nell’ambito dell’IRC, dovremo rispettare lo statuto epistemologico della disciplina, così come viene definito dal cosiddetto «Nuovo Concordato» del 1984, il quale, inserendo la nostra disciplina all’interno delle finalità della scuola, ne evidenzia il taglio storico e culturale, anche se innegabilmente confessionale.[11] Distinguendo l’IRC dalla catechesi, sarà dunque opportuno porre l’atto di fede del discente sotto epoché fenomenologica, senza per questo negargli la conoscenza dei contenuti della fede stessa, la cosiddetta fides quae,e del suo articolarsi nel patrimonio storico-culturale del nostro Paese, nell’ottica di una laicità inclusiva peculiare della situazione italiana.
2. La stella «Via-Verità-Vita»
Prima di vedere come è possibile tradurre il metodo «Via-Verità-Vita» nella didattica per competenze, è importante chiedersi se il concetto stesso di «competenza», usato anche in ambito aziendale, abbia a che vedere con la religione. La risposta è affermativa per questioni etimologiche e storiche. Infatti la parola deriva dai termini latini «cum» (insieme) e «peto». Questo verbo ha due accezioni: la prima – preferita da Bertagna[12] – significa «dirigersi verso» e in questo senso la competenza indica quella particolare convergenza delle conoscenze, delle abilità, degli atteggiamenti, ma anche dei compagni e degli insegnanti di una stessa classe verso la soluzione creativa dei problemi della vita; la seconda accezione significa «domandare» e ci viene proposta da André Fossion, il quale ricorda come nel medioevo i «competentes» fossero quei catecumeni che desideravano ricevere insieme i sacramenti dell’iniziazione cristiana.[13] Secondo entrambe le interpretazioni, dunque, la teoria delle competenze rimanda ad una formazione integrale della persona umana, decisamente affine all’idea alberioniana.
Il trinomio «Via-Verità-Vita», a cui corrisponde la conoscenza per la mente, l’agire etico per la volontà e l’attenzione alla dimensione affettiva per il cuore, non copre però ancora tutta la sfera dell’apprendimento per competenze, tralasciando in modo particolare quel momento di azione ad extra che è previsto dalle abilità. Pertanto è necessario allargare l’analisi del pensiero alberioniano a quello che lui chiama «apostolato», per cercare di recuperare gli elementi mancanti. L’opera più completa in questo campo ci sembra L’Apostolato dell’Edizione:[14] il testo è un’accurata analisi della particolare missione carismatica che il beato Alberione sente di aver ricevuto per il bene della Chiesa, cioè l’evangelizzazione attraverso i mezzi più moderni che la scienza e la tecnologia mettono a disposizione. Se ritroviamo qui il trinomio mente-volontà-cuore, incontriamo anche un nuovo trinomio, specifico dell’apostolato con i mezzi della comunicazione sociale: redazione, tecnica, diffusione. La redazione è la rielaborazione dei contenuti spirituali vissuti nel momento della formazione; la tecnica consiste nell’atto poietico con cui vengono editati i contenuti attraverso i diversi media; la diffusione implica la distribuzione del prodotto, che deve raggiungere i vari fruitori. Questo implica anche una caratteristica sinergia tra gli attori del processo, che non è mai opera solitaria, ma lavoro collaborativo e per così dire «sinodale». È in questo testo che don Alberione usa più specificamente il termine «edizione» con il significato etimologico di «dare fuori», «generare», parola che qui viene a coprire tutto il dinamismo che va dalla formazione spirituale all’apostolato pratico.[15] Ricordiamo tra parentesi che al trinomio «Verità-Via-Vita» don Alberione fa spesso corrispondere anche i tre trascendentali «verum-bonum-pulchrum», arricchendo il discorso dell’aspetto estetico, così importante nell’ambito della diffusione del messaggio evangelico, come autentica via a Dio. Con il nuovo trinomio «redazione-tecnica-diffusione» acquisiamo finalmente un’area semantica più ampia, che ci consente di integrare nel metodo «Via-Verità-Vita» tutti gli aspetti richiesti dalla didattica.
Tenendo presente il concetto di «dialogo asimmetrico», sarà dunque possibile applicare la teologia alberioniana alle scienze dell’educazione, traducendo le esigenze della didattica per competenze nel metodo «Via-Verità-Vita». Facendo una ricerca nell’opera omnia del beato,[16] non è stato possibile trovare una citazione letterale che accosti i termini «redazione-tecnica-diffusione» alla terna «Via-Verità-Vita». Poiché però il trinomio cristologico in don Alberione ha origine dalla Trinità che plasma l’intera realtà col suo ritmo ternario, è possibile correlare la redazione alla rielaborazione della Verità, la tecnica alla Via per «editare» i contenuti prodotti e la diffusione alla Vita che irraggia ovunque il frutto moltiplicato del processo.
Possiamo ora formulare un quadro che descriva fenomenologicamente l’intero dinamismo. Nel processo di insegnamento-apprendimento della Religione Cattolica secondo il metodo alberioniano ci troviamo ad avere due momenti che si intrecciano senza confondersi. Chiamiamo il primo momento «triangolo del concepimento»: qui, attraverso il dialogo maieutico con l’insegnante, lo studente è stimolato a porsi in una relazione esistenzialmente autentica con i contenuti disciplinari della Religione (Verità), ad interrogarsi rispetto all’appello etico che giunge dalla tradizione assiologica del cristianesimo (Via) e a porre in moto l’affettività, ritrovando nell’agàpe l’aspetto più caratteristico del Dio cristiano e conseguentemente dell’uomo, fatto a sua immagine e somiglianza (Vita). Come si può vedere, manteniamo anche noi la priorità del momento conoscitivo rispetto a quello etico, sulla scorta di don Alberione. Secondo la particolare impostazione che ci viene dal metodo, non esisterà una conoscenza che non sia connotata eticamente e che non venga analizzata dal punto di vista affettivo; nessuna riflessione etica sarà priva di un’analisi conoscitiva e di una risonanza emozionale; nessun momento di educazione all’affettività potrà privarsi di un approfondimento teorico e di un confronto etico. Chiamiamo il secondo momento del processo di insegnamento-apprendimento «triangolo dell’edizione»: dall’approccio dialogico si passa ad uno stile di apprendimento cooperativo, in cui l’insegnante diventa regista di una lezione in cui i protagonisti sono gli studenti, organizzati in piccoli gruppi collaborativi con lo scopo di portare a termine un compito di realtà.[17] Si tratterà, dunque, di guidare i discenti verso una rielaborazione autonoma e creativa degli argomenti trattati, al fine di produrre un elaborato originale come risposta ad un problema aperto aderente alla vita (redazione); apprendere l’utilizzo dei new media, immergendosi nel linguaggio digitale ed educando quelle abilità pregresse che derivano dalla cultura adolescenziale onlife (tecnica); presentare alla classe il frutto del proprio lavoro, curandone la parte estetica, anche attraverso la pubblicazione su di una piattaforma digitale condivisa (diffusione).
Nella sua opera filosofica La stella della redenzione[18] l’autore ebreo Franz Rosenzweig, incrociando la triade «Dio-mondo-uomo» con le tre relazioni che legano questi elementi – «creazione, rivelazione e redenzione» -, costruisce una metafisica relazionale che definisce, a suo modo di vedere, la trama dell’essere. Per rappresentare schematicamente l’intersecarsi di questi due triangoli – uno con un vertice rivolto verso l’alto, l’altro con un vertice che guarda verso il basso – utilizza la stella di Davide. Partendo da questa suggestione, anche noi abbiamo voluto sintetizzare l’intero processo di insegnamento-apprendimento mediante la stella «Via-Verità-Vita», che riportiamo qui sopra.[19] A questi sei punti è necessario, però, aggiungerne altri due che si collocano al di fuori della stella: l’analisi dei prerequisiti della classe, per conoscere il punto da cui far partire il dialogo, e la valutazione finale, come momento formativo.
3. Tre modelli per l’insegnante di Religione
Per concludere questo breve contributo non possiamo non menzionare i tre punti di riferimento che nella galassia alberioniana possono orientare l’insegnante di Religione che desideri utilizzare il metodo «Via-Verità-Vita»: il primo è l’astro più luminoso, gli altri sono satelliti che gli orbitano attorno. Abbiamo visto come tutto parta dalla figura di Gesù, che è ritenuto dal nostro autore l’unico e vero «Maestro», perché maestro completo.[20] L’insistenza continua che don Alberione pone nel sottolineare le conseguenze di questo modello ci ricorda l’importanza di considerare l’educazione come un processo relazionale in cui è necessario prendersi cura di tutti gli aspetti della persona umana. Si eviterà, dunque, un concetto semplicemente trasmissivo-passivo dell’insegnamento, che sarà, invece, concepito come relazione dialogica in cui il docente accompagna lo studente nell’avventuroso viaggio verso il mistero della trascendenza, dentro cui è nascosto anche il proprio mistero personale.[21] Questa impostazione personalistica darà importanza ai volti più che ai voti, imparando a percepire levinasianamente l’appello che da essi deriva; dalla parte dello studente implicherà, poi, il recupero della carica etimologica del nome «studio», che nella sua origine latina significa «passione» e «desiderio».
Insieme al Cristo dobbiamo sottolineare l’importanza di Maria, considerata specialmente come Regina degli Apostoli, cioè come colei che, guidando alla formazione degli altri nella sequela di Gesù, genera all’autonomia. Maria ci ricorda che il fine dell’insegnamento va sempre oltre se stessi e sta nel rendere gli studenti autori delle proprie vite nella scoperta di ciò che è vero, buono e bello. Il suo modo di agire nei confronti degli apostoli può costituire, dunque, un modello nel progettare lezioni secondo la didattica cooperativa, in cui il docente diventa un regista di gruppi collaborativi autonomi.Infine, non possiamo non ricordare la già citata figura dell’apostolo Paolo, che porta questo metodo, fortemente relazionale al suo interno, a ramificarsi ulteriormente nell’intreccio con le altre discipline. Se per don Alberione san Paolo è l’esempio di una visione onnicomprensiva della fede che tocca tutti gli aspetti del dogma, della morale e della liturgia, per l’insegnante di Religione egli rappresenta una bussola che ricorda l’interdisciplinarità e la transdisciplinarità come vie maestre nel costruire unità di apprendimento autenticamente incarnate nella vita.
[1] Docente di Religione Cattolica nelle Scuole secondarie di primo grado “Dante Alighieri” di Cavezzo e “Cesare Frassoni” di Finale Emilia (MO).
[2] Per una prima conoscenza della sua figura e delle sue fondazioni cfr. G. Lacerenza, Beato Giacomo Alberione. Editore e apostolo del nuovo millennio, Shalom, Camerata Picena 2011.
[3] Cfr. Leo XIII, Epistola encyclica Tametsi futura prospicientibus. De Iesu Christo Redemptore, 1 novembre 1900, in «A.S.S.», vol. XXXIII (1900-1901), pp. 273-285.
[4] G. Alberione, Donec formetur Christus in vobis. Meditazioni del Primo Maestro, a cura del centro di spiritualità paolina (CSP), San Paolo, Cinisello Balsamo 2001, sigla dell’opera Dfst. In tutte le opere alberioniane si cita per convenzione la numerazione marginale in grassetto che rimanda alle pagine della prima edizione originale.
[5] Cfr. G. Alberione, Abundantes divitiae gratiae suae. Storia carismatica della Famiglia Paolina, a cura di A. Colacrai – e. Sgarbossa, San Paolo, Roma 1998, sigla dell’opera AD, 159: «Ma se poi si passa allo studio di San Paolo, si trova il Discepolo che conosce il Maestro Divino nella sua pienezza; egli lo vive tutto; ne scandaglia i profondi misteri della dottrina, del cuore, della santità, della umanità e divinità: lo vede Dottore, Ostia, Sacerdote; ci presenta il Cristo totale come già si era definito, Via, Verità e Vita».
[6] Cfr. per es. la Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea del 22-5-2018 relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente.
[7] Cfr. G. Bertagna, La progettazione della riforma: Lessico pedagogico di riferimento, https://digilander.libero.it/dibiasio.neoassunti/TEMATICA1/impianto/progettazione.pdf.
[8] Cfr. D. Goleman, Intelligenza emotiva. Che cos’è e perché può rendere felici. Nuova edizione, BUR, Milano 2022.
[9] Cfr. per es. R. Carelli, «Sull’idea di educazione», in A. Bozzolo – R. Carelli, edd., Evangelizzazione e educazione, LAS, Roma 2011, 366-367.
[10] Cfr. per es. R. Tonelli, «Educazione/Pastorale», in M. Midali – R. Tonelli, edd., Dizionario di pastorale giovanile, Elledici, Torino 1989, 292.
[11] Per quello che riguarda lo statuto epistemologico dell’IRC in Italia cfr. tutto il primo capitolo di S. Cicatelli, Guida all’insegnamento della religione cattolica. Secondo le nuove Indicazioni, La Scuola, Brescia 2015.
[12] Cfr. G. Bertagna, La progettazione della riforma: Lessico pedagogico di riferimento, 11-12.
[13] Cfr. A. Fossion, Il Dio desiderabile. Proposta della fede e iniziazione cristiana, EDB, Bologna 2011, 176.
[14] Cfr. G. Alberione, L’Apostolato dell’Edizione. Manuale direttivo di formazione e di apostolato, a cura del CSP, San Paolo, Cinisello Balsamo 2000, sigla dell’opera AE. Per le questioni filologiche legate alla formazione del testo cfr. l’illuminante introduzione, che presenta i complessi rapporti di questo scritto con la prima versione dell’opera, Id., Apostolato stampa, San Paolo, Alba 1933, sigla dell’opera AS.
[15] Cfr. AE, 8, nota n. 3.
[16] Cfr. http://operaomnia.alberione.org.
[17] Per approfondire la definizione di «compito di realtà» cfr. A. Porcarelli, Progettare per competenze. Basi pedagogiche e strumenti operativi, Diogene Multimedia Scuola, Bologna 2020, 92-93.
[18] Cfr. F. Rosenzweig, La stella della redenzione, Vita e Pensiero, Milano 2005.
[19] Cfr. S. Golinelli, Il metodo «Via-Verità-Vita» nell’Insegnamento della Religione Cattolica, 59.
[20] Cfr. G. Alberione, DFst, 39: «Maestro: la tua vita mi traccia la via; la tua dottrina conferma e rischiara i miei passi; la tua grazia mi sostiene e sorregge nel cammino al cielo. Tu sei perfetto Maestro: che dai l’esempio, insegni e conforti il discepolo a seguirti».
[21] Cfr. G. Roatta, ed., Punti di riferimento della vita spirituale paolina, 3: Gesù Cristo Via, Verità e Vita. La Famiglia Paolina sul cammino di una Parola di Dio: «Io sono la Via, la Verità e la Vita» (Gv 14,6), 3 voll., San Paolo, Roma 2010, 124: «Bisogna fare una gran leva sulla persona umana così com’è, con la sua potenzialità, senza diminuirla in nulla: questo lo si deve fare sia lavorando sulla propria persona, come mettendosi accanto alla persona altrui».