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Lorenzo Galliani[1]

Abstract

Le canzoni raccontano la vita. Si incontrano – e talvolta si scontrano – con la ricerca di un senso, specie davanti al dramma della sofferenza e della morte. Proviamo ad entrare nei testi di alcuni brani, quasi tutti degli ultimi anni, cercando di vedere cosa hanno da dire e perché, di conseguenza, possono essere un valido strumento per le lezioni con i ragazzi. 

«Persino nelle condizioni di maggior distacco della cultura dalla Chiesa, proprio l’arte continua a costituire una sorta di ponte gettato verso l’esperienza religiosa. In quanto ricerca del bello, frutto di un’immaginazione che va al di là del quotidiano, essa è, per sua natura, una sorta di appello al Mistero». Nella Lettera agli artisti del 4 aprile 1999, Giovanni Paolo II esorta a non trascurare, nella costruzione di un percorso di fede, anche quei prodotti culturali non strettamente cristiani. E non c’è dubbio che una ricerca in questa direzione sia stata portata avanti negli anni, anche con riferimento alla musica. Basti pensare alla produzione del professore Brunetto Salvarani, pioniere della teologia pop con i suoi volumi su Francesco Guccini, Fabrizio De André, Leonard Cohen e, di recente, anche Enzo Jannacci. Altri libri, seguendo la stessa chiave, sono stati scritti su Bob Marley, Claudio Baglioni, Franco Battiato e gli U2, e potremmo andare avanti ancora ad elencare una ricca produzione degli ultimi anni. Canzoni non di uso liturgico sono state sviscerate alla ricerca, se non di una testimonianza di fede, anche solo di quell’«appello al Mistero» evocato da Wojtyla.  
Quello che manca, o quantomeno scarseggia, è una valorizzazione anche delle canzoni di oggi. Come a voler distinguere una musica popolare «alta» – quella del passato e dei grandi cantautori, per l’appunto – da una indegna di essere accostata a temi profondi quali sono quelli espressi dalle domande esistenziali. La nostalgia, però, rischia di non essere una buona consigliera, anche per gli insegnanti di religione. Questo soprattutto perché necessariamente si stringe attorno al punto di vista di chi, comprensibilmente, valorizza l’epoca della propria gioventù a discapito dei tempi successivi, tendenza pressoché comune a ogni generazione di ogni secolo. Sul tema religioso il passato ha regalato splendide perle, basti pensare all’album La buona novella di Fabrizio De André o a L’infinitamente piccolo di Angelo Branduardi, dedicato a San Francesco. Eppure la produzione musicale di quei decenni non è sempre stata all’altezza dei due cantautori. Chi negli anni ’80 ha cantato il brano nel quale la protagonista voleva una lametta per tagliarsi le vene, non può certo impartire lezioni di moralità ai giovani d’oggi. Giovani che meriterebbero di essere ascoltati, più che giudicati. Forse vivono anche loro nelle contraddizioni – che non mancavano neppure nel passato –, come quella di essere molto attenti, come mai è accaduto, alle discriminazioni nei confronti delle donne, e tuttavia ascoltare canzoni trap che trattano la donna come un oggetto per soddisfare l’appetito sessuale. Anche questa, però, è una considerazione che arriva dall’esterno, ossia da chi giovane non è.  
Non mancano, ad ogni modo, successi recenti che affrontano i temi della vita, della sofferenza e del senso religioso. Ne ho raccolti 99 nel libro Canzoni in classe – Dal rap all’Indie, alla ricerca di un senso, e qui ne propongo alcuni. 

1. Vita, istruzioni per l’uso 

«La strada è più dura quando stai puntando al cielo/ Quindi scegli le cose che son davvero importanti/ Scegli amore o diamanti/ demoni o santi». I Maneskin in Vent’anni[2] (2020) avvertono l’urgenza di prendere decisioni nella vita, evitando le promesse di scorciatoie facili. Quella «strada più dura» a qualcuno potrà far venire in mente «la porta stretta» del vangelo di Luca. Il collegamento, se c’è, è del tutto involontario, ma il concetto resta: bisogna impegnarsi, come dice il ritornello, per «andare un passo più avanti, essere sempre vero/ spiegare cos’è il colore a chi vede bianco e nero».  
Diodato, già vincitore di Sanremo con Fai rumore, punta il dito contro l’indifferenza nella canzone La lascio a voi questa domenica[3] (2020). A Cattolica un uomo si è buttato sotto un treno. Nella sala d’aspetto della stazione si discute se sia stato «un pazzo», «un disperato», «un criminale inseguito dalla polizia», «un malato terminale», «un ubriacone», «un barbone» o, chissà, «un turista sbadato». Pettegolezzi che perdono di importanza, quando il tabellone annuncia gli inevitabili ritardi. Scoppia il caos, e c’è chi se la prende con «i partiti», «i ladri», «i furbi», e qualcuno anche «con Dio». Eppure, conclude amaramente Diodato nel ritornello, «abbiamo già tutti dimenticato che forse un uomo si è ammazzato». Come può un nostro contrattempo venire prima della vita di una persona?  
Mr. Rain, che sempre a Sanremo ha portato Supereroi, il cui testo ha un’immagine che rimanda inconsapevolmente a un discorso di Tonino Bello, due anni prima aveva cantato Fiori di Chernobyl[4] (2021). Qui il fiore è simbolo di rinascita, «perché è dagli incubi che nascono i sogni migliori/ Anche a Chernobyl ora crescono i fiori». Anche le nostre vite possono rifiorire, e la sofferenza non è per sempre: «Passeranno questi temporali/ anche se sarà difficile/ Sarà un giorno migliore domani». Un messaggio di speranza, e una riflessione sul valore della libertà che può essere innescata da una sola frase della canzone: «La libertà spaventa più di una prigione». Lasciando parlare gli adolescenti, possono venire fuori riflessioni non scontate.  

2. Famiglia 

Chi l’ha detto che i giovani non pensano alla famiglia? I dati demografici, forse. Ma certamente la generazione precedente e quella ancora prima, ossia quelle che hanno in mano il governo del Paese, non brillano per quanto riguarda le politiche familiari, di sostegno alle coppie giovani. La musica invece è da sempre molto ispirata quando si parla di figli. Da Per te di Jovanotti a Immagini che lasciano il segno di Federico Zampaglione dei Tiromancino fino alle due di Ligabue, Da adesso in poi e A modo tuo. «Ti giuro che l’attesa di attesa aumenta il desiderio/ È il conto alla rovescia con il tempo a rilento», recita la prima frase di Per un milione[5] dei Boomdabash (2018). Il video ci presenta una ragazza in bagno, mentre aspetta l’esito del test di gravidanza. Vengono mostrate altre attese: due fidanzati in stazione (lui arriva da un viaggio, finalmente può rivederla), il papà che guarda la bimba impegnata nel saggio di danza e vuole abbracciarla, il detenuto rilasciato in libertà. L’attesa ha un valore, in una società del tutto e subito, del prendi e consuma. Intanto, il ritornello entra nella testa: «Non c’è niente al mondo che vorrei di più di te/ di più di quel che adesso c’è già fra di noi/ Nemmeno un milione». La camera torna a riprendere la ragazza: ha letto l’esito del test, è commossa. Inizia una nuova attesa, stavolta lunga nove mesi. Quali sono le cose belle per le quali valga la pena attendere? C’è qualcosa che valga la pena aspettare, in un mondo nel quale raggiungi tutto con un click? 
Non tutto è rosa è fiori. Per Coez la sua E yo mamma[6] (2017) è «la mia prima canzone d’amore». Una canzone personale, privata, di chi è cresciuto senza il papà. Eppure, dice rivolto alla madre, «c’è chi ha due genitori ma tu vali per tre». Pur nelle difficoltà, c’è spazio per la gratitudine. E la mancanza di un padre è la denuncia di Papaoutai[7] («Dove sei, papà?», 2013) di Stromae, il cui video ha un miliardo (!) di visualizzazioni su YouTube. La canzone può essere riferita ai padri assenti, che non si prendono le loro responsabilità, ma l’artista belga parla di suo padre, ucciso nel genocidio del Ruanda. Le guerre sono tutte diverse eppure tutte uguali: anche in Ucraina, in Terra Santa e in tanti angoli di mondo c’è chi domanda: «Dove sei, papà?».   
L’influencer Valerio Mazzei in 12 luglio[8] (2021) racconta la morte della madre, Alessia, anche se la data si riferisce alla sua nascita, e la stessa canzone è uscita in questo giorno, come un ideale regalo di compleanno: «Chissà se mamma mi osserva anche da lassù/ L’unica donna che amo sarai sempre tu/ La guardavamo assieme ora sono in tv/ Gli occhi li ho presi da te/ ma non ti vedo più». Ciascuno di noi è unico, ma eredita caratteristiche – fisiche, caratteriali o entrambe – che fanno ricordare i suoi genitori. Può essere anche un solo dettaglio. E avere gli occhi come la madre, ma non poterla vedere, suona come una beffa che fa male.  

3. Religione 

Nella canzone di Mazzei c’è la speranza di essere visti «da lassù». Anche in Ovunque sarai[9] (2022) di Irama ha senso dialogare con una persona cara morta: «Lo so che mi puoi sentire». In Supermarket flowers[10] (2017) Ed Sheeran va oltre. La canzone è scritta per la morte della nonna, e l’artista britannico si mette nei panni della madre, che mentre riordina la casa vuota di persone – ma piena di oggetti: la tazza con il tè del giorno prima, i fiori del supermercato e più in generale «i ricordi di una vita amata» – ha la forza per pronunciare una vera e propria preghiera: «Canterò Hallelujah/ Eri un angelo sotto forma di mia mamma/ Quando cadevo, tu eri lì a sorreggermi/ Spiega le tue ali mentre vai/ E quando Dio ti riavrà, diremo: “Hallelujah, sei a casa”». Una canzone che ci consente in classe di parlare della preghiera perché questa è una preghiera triste, nata nella consapevolezza che la sofferenza testimonia la bellezza che ha preceduto la morte, perché «un cuore spezzato/ è un cuore che è stato amato». E nel finale della canzone è Dio stesso a esprimersi con la stessa lode pronunciata dai parenti della defunta: «Spiega le tue ali e io so/ che quando Dio ti ha riavuto ha detto/ “Hallelujah, sei a casa”». 
Secondo Nesli la sua Equivale all’immenso[11] (2016) parla dell’ispirazione che «equivale all’immenso» e «può essere riconducibile alla fede se, come me, credi. Quindi è una canzone che parla di fede». In questo senso, acquista più significato il verso «Giuro che ho pregato Dio/ sotto questo cielo immenso». Oltre all’ambientazione del videoclip: la montagna – ciò che è più vicino al cielo immenso, per l’appunto – e soprattutto una chiesa.  
Per concludere con un cantante più navigato, ma canzone tutto sommato recente, Biagio Antonacci sui social ha presentato la sua Mio fratello[12] (2018) come «una nuova visione della parabola del figliol prodigo, una parabola 2.0, laica, moderna, contemporanea». «Mio fratello un bel giorno è sparito/ e non ha ringraziato», dice il protagonista della canzone, che non cela la sua rabbia: «Non lo cerco perché se lo trovo ammazzo da me». Ma, anche le parole del ritornello sembrano dirlo, c’è spazio per una riconciliazione: «Salvo l’uomo e sarà un giorno di festa/ Mai più dolor». Nel capitolo 15 del vangelo di Luca c’è il padre che attende il ritorno del figlio, e anche nel brano di Antonacci «in un piccolo pezzo di terra mio padre pregava/ Lo guardava negli occhi e temeva di averlo capito». Nel video i protagonisti sono proprio due fratelli, Rosario e Giuseppe Fiorello. Mi è capitato di chiedere agli studenti quale dei due interpretasse il figliol prodigo: le risposte che ho ricevuto mi hanno portato a cambiare l’idea che avevo. E ci sono poche cose belle come, per un insegnante, imparare dai propri alunni. 
La canzone regala un’istantanea anche della madre, «che ancora lo aspetta per l’ora di cena». Amare è guardare fuori dalla finestra, sperando che torni il figlio andato via. Amare è anche apparecchiare per una persona che non c’è, ma che non se ne è andata via – e mai se ne andrà via – dal nostro cuore.  


[1] Docente di Religione Cattolica nelle Scuole secondarie di primo grado IC 19 Bologna e IC di Monte San Pietro (BO). È giornalista e autore per la casa editrice Àncora.

[2] ManeskinVent’anni, Sony Music-Rca, 2020. 

[3] DiodatoLa lascio a voi questa domenica, Carosello Records, 2020. 

[4] Mr. RainFiori di Chernobyl, Warner Music Italy, 2021. 

[5] BoomdabashPer un milione, Universal, 2019.

[6] CoezE yo mamma, Carosello Records, 2017. 

[7] StromaePapaoutai, Mosaert-Vertigo, 2013. 

[8] Valerio Mazzei12 luglio, 2021.

[9] IramaOvunque sarai, Warner Music Italy, 2022.

[10] Ed SheeranSupermarket flowers, Asylum-Atlantic, 2017.

[11] NesliEquivale all’immenso, GoWild-Universal, 2016.

[12] Biagio AntonacciMio fratello, Iris-Sony Music, 2018.